Miguel Gotor, senatore Pd
Miguel Gotor, senatore Pd

L’intenzione del governo di mettere la fiducia sul Ddl scuola al Senato viene definita da Miguel Gotor «molto negativa». Per il senatore della minoranza Pd che ha presentato diversi emendamenti sui presidi e l’assunzione dei docenti precari «aumenterà la frattura tra il mondo della scuola, il partito democratico e il governo».

Voterete la fiducia a Renzi?
Siamo impegnati a rendere il maxiemendamento migliore di quello che è. La fiducia non è stata ancora posta, sarò in grado di risponderle quando avrò davanti agli occhi la versione finale del testo e l’ufficializzazione di questa decisione. Avverto molto, come singolo, la responsabilità di rappresentare nel partito democratico la posizione di centinaia di migliaia di nostri elettori e militanti che sono consapevoli che questa partita sulla buona scuola è stata una cattiva partita. Fino all’ultimo farò di tutto per migliorarla.

Quali sono i cambiamenti sulla contestata norma del preside manager?
Vorrei innanzitutto sottolineare che questo aspetto più discusso della riforma, insieme a quello degli albi territoriali, entreranno in vigore nel 2017. Anche per questa ragione, l’assunzione dei precari per decreto, da noi richiesta, sarebbe potuta avvenire con le regole vigenti. Quanto alla figura del preside abbiamo ottenuto un’attenuazione dei suoi poteri di chiamata diretta dei docenti, riscrivendo la norma inaccettabile uscita dalla Camera per cui il docente che non supera l’anno di prova può essere allontanato. Ora la revoca dell’insegnamento è possibile solo in presenza del cambiamento del piano formativo. Così come abbiamo ottenuto che la valutazione dei docenti sia realmente terza e non affidata ad un potenziale conflitto di interessi con genitori e studenti. È un’attenuazione dei suoi poteri, ma mi rendo conto che è del tutto insufficiente.

Anche la richiesta di assumere subito i docenti precari è stata respinta.
Continua a sembrarmi giusto che il governo, riconoscendo gli evidenti caratteri di necessità e urgenza, avrebbe potuto fare un decreto per assumere subito i precari, così da garantire un ordinato inizio dell’anno scolastico e evitare l’alluvione di ricorsi giuridici che è purtroppo facile da prevedere. L’argomento usato per cui non è possibile separare la loro assunzione dal varo della riforma è un espediente per far passare un provvedimento che poteva recepire le richieste del mondo della scuola. Non si trattava di rinviarla alle calende greche. Entro luglio la riforma poteva essere varata.

Perché Renzi ha cambiato idea rispetto alla conferenza sulla scuola?
Credo che sia stato trascinato dall’ostinazione di troppi colonnelli che lo stanno inducendo in errore. A me sembrava giusta l’idea di confrontarsi e prendersi una pausa di riflessione alla luce degli errori da lui stesso riconosciuti. Credo che stiamo riuscendo nell’impresa di assumere 100 mila precari e, ciononostante, di ricevere tanta malevolenza dagli stessi assunti. Questa malevolenza è il segno che c’è qualcosa di serio che non va in una riforma che il Pd e il governo avevano il dovere di affrontare.

A questo punto in cosa consisterebbe la trattativa sugli emendamenti?
Dobbiamo insistere in queste ore affinché siano incluse almeno quattro cose. Allargare la platea dei precari da assumere ai docenti abilitati Tfa e Pas, arrivando a 128 mila assunti. Sono persone che hanno svolto percorsi formativi e selettivi stringendo un patto implicito con lo stato che viene ora tradito. Poi c’è la questione degli idonei al concorso 2012 che hanno acquisito il diritto ad essere inseriti nelle graduatorie di merito. Bisogna istituire il fondo di perequazione e di giustizia per distribuire una quota dell’erogazione liberale a scuole e territori svantaggiati. Nel Ddl c’è un eccesso di delega su punti delicati come l’integrazione di handicap. Prima di arrivare alla fiducia dovremmo fare esperienza di quanto è avvenuto nel Jobs Act.