Dura la vita del governo Renzi sul fronte della pensione. Dopo che il prelievo forzoso ipotizzato dal ministro del lavoro Poletti è stato smentito dal viceministro all’economia Morando, in una singolare tenzone tra esponenti in quota Pd, anche ieri Scelta Civica ha continuato la sua battaglia con il sottosegretario all’Economia Zanetti.

La gamba molle dell’intesa che mantiene in vita l’esecutivo Renzi sostiene la necessità di un prelievo, già negato in altre stanze in via XX settembre, sulle «pensioni d’oro e d’argento» non solo a favore degli esodati ma anche di giovani e disoccupati. Un caos che a fine giornata ha spinto la sinistra Pd con Cesare Damiano a trovare nuove geometrie con Renato Brunetta. Entrambi d’accordo nel difendere il ceto medio con una pensione superiore ai 3 mila euro lordi al mese. Brunetta, come il suo partito Forza Italia che grida all’«esproprio», hanno dimenticato un analogo tentativo del governo Berlusconi, bocciato per incostituzionalità dalla Consulta, e si concentrano su quello introdotto dal governo Letta (sostenuto da Berlusconi) che colpisce le pensioni tra 7 e 10 mila euro lordi mensili. Si tratta di 188 mila persone. Se si considera la progressione che taglia il 5% per le pensioni tra 90 mila e 149 mila euro, 10% sopra i 150 mila, il 15% oltre i 200 mila beneficiari. In questo caso si parla di 600 persone.

Visto che il «contributo di solidarietà» esiste già, il governo starebbe pensando di «abbassare l’asticella» colpendo la maggioranza dei pensionati.Damiano ha dato ragione a Brunetta: di prelievi forzosi non se ne parla. Piuttosto il governo pensi alla scuola e al personale «Quota 96». Su questi capitoli, al momento non c’è l’ombra di coperture finanziarie. «In ogni caso, sarebbe improponibile che per fare cassa si mettessero nuovamente le mani sulle pensioni del ceto medio» ha ribadito Damiano. L’ex vice-ministro Pd all’economia, Stefano Fassina sconsiglia vivamente il prelievo. «Con il governo Letta il gettito è stato qualche decina di milioni. Se si vuole raccogliere qualche miliardo, si vuole aggredire quelle sopra i 25900 euro netti che in questi anni hanno già perso potere d’acquisto».

Ufficialmente i fondi ottenuti servirebbero per mandare in quiescenza gli «esodati», prodotti da un tragico errore della riforma Fornero votata da Pd e Pdl nel 2012. E, indiscrezione che nella serata di ieri non era stata ancora smentita da Palazzo Chigi, per finanziare la cassa integrazione. Se confermata, questa voce rivelerebbe l’insufficienza del prelievo forzoso ai danni dei fondi interprofessionali di imprese e lavoratori con i quali Poletti ha cercato di fare quadrare i conti di quest’altra emergenza. In questo caso si tratta di 92,4 milioni di euro. Se così fosse, il provvedimento sarebbe a rischio di incostituzionalità, dato che questo tipo di «risparmi» devono restare nel comparto previdenziale.

Ieri l’Inps ha fatto sapere di essere «disponibile» al ricalcolo delle pensioni con il metodo contributivo al posto del retributivo. Lo ha fatto sapere il Dg Mauro Nori: l’operazione non pone problemi nel settore privato. Più complesso per i pubblici «perchè mancano conti assicurativi affidabili». «Non abbiamo avuto nessuna richiesta» ha confermato Nori.

Coro di no dai sindacati. Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, vede nelle diverse ipotesi solo «una nuova tassa» e bisognerebbe piuttosto aggredire gli sprechi della politica. Per la Cgil è «inaccettabile» un taglio delle retributive. La Uil: «Stop ad operazioni di cassa».

Cercando di mettere ordine in questo polverone, sintomo di un grande affanno a Palazzo Chigi, sarebbero tre le ipotesi di intervento: un contributo di solidarietà sugli assegni oltre i 3 mila euro lordi; un prelievo di solidarietà sulla differenza tra l’assegno pensionistico che si riceve in base alle regole prima della riforma Dini nel 1996 e l’importo teorico che si sarebbe invece maturato applicando il metodo contributivo. Infine un prestito pensionistico, già prospettato dall’ex ministro del lavoro Giovannini. Ipotesi contraddittorie che potrebbero anche non essere considerate. Renzi ha provato a smentire, con pochi risultati evidentemente, la tentazione del prelievo annunciata da Poletti: «Pensiamo alla riforma della giustizia». Il fronte delle pensioni resta aperto.