Il paese, a sentire i greci, vive i momenti piú critici dal dopoguerra. La frase «guerra aperta tra la Grecia e i suoi creditori» domina ormai in tutti i tg e titoli di stampa. Alexis Tsipras ha accusato, credibilmente, il Fmi di avere «responsabilitá criminali» per la situazione in cui versa il Paese, Jean-Claude Juncker a sua volta – ma ingiustamente come si é dimostrato dopo – ribatte a Tsipras di mentire sul negoziato.

Ogni giorno è un’altalena di sentimenti, tra rabbia e preoccupazione, timore e fermezza che, è bene ricordarlo, è il sentimento più popolare, basta parlare con la gente. La stessa che per due giorni consecutivi si é radunata a Platia Syntagmatos, la piazza della Costituzione ad Atene, alla Torre bianca, il simbolo della cittá di Salonicco, a Chania nell’ isola di Creta.

Due manifestazioni diverse, la prima dell’altro ieri promossa da movimenti e collettivi di sinistra nella quale hanno partecipato anche parlamentari e ministri del governo del Syriza e dei Greci indipendenti (Anel); l’ altra di mercoledì sera organizzata da iniziative politiche aderenti ai conservatori della Nea Dimokratia e ai socialisti del Pasok.

«No alla sottomissione» ai creditori, «il negoziato lo facciamo noi» gridavano gli attivisti della sinistra radicale che in tanti si schierano a favore di una rottura delle trattattive con Bruxelles; «Rimaniamo in Europa» era lo slogan principale dei socialisti e dei conservatori dimentichi di come loro ci sono stati, in Europa: subalterni, a subire ricatti e ad allargare il debito. Comunque, denominatore comune in ambedue le manifestazioni la fermezza per un accordo che sia onorevole e per una soluzione sostenibile.

Parole che lo stesso Tsipras ha ripetuto al termine di un incontro con il cancelliere austriaco Werner Faymann che si è dichiarato «solidale con Atene». «Siamo pronti a dare un grande no a un cattivo accordo» ha affermato il premier greco, che oggi si incontra a San Pietroburgo con il presidente russo Vladimir Putin al margine di un forum economico internazionale.

Nessuno vorrebbe l’ uscita della Grecia dalla zona euro. Il costo sarebbe troppo elevato. Ma il buco finanziario – le divergenze tra le proposte di Atene e i suoi creditori – non superano il miliardo di euro. Perché allora il negoziato rischia di fallire «per un pugno di dollari»? Perché è in atto uno scontro politico sulla cosidetta «ricetta di salvataggio». I memorandum imposti in tutti questi anni in Grecia da parte dei creditori hanno provocato una crisi umanitaria immensa, senza risolvere il problema del debito pubblico e della crescita nel paese.

La Grecia é il paese che ha fatto piú riforme durante la crisi. E questo non lo dice stavolta il governo Tsipras, ma un istituto bancario tedesco, la Berenberg, che da anni analizza lo stato delle riforme nell’eurozona. Insomma, le cose non cambiano se non cambia la «ricetta di salvataggio» con annessa la ristrutturazione del debito. E qualsiasi misura che peggiori lo status economico non é accettabile, non solo perché Tsipras vioolerebbe il suo mandato elettorale, ma anche perché c’è poco da spremere, la maggioranza dei greci vive sull’ orlo o sotto la soglia (al 18%) della povertá (basta pensare a due record: i disoccupati e suicidi).

Nonostante che la questione della ristrutturazione del debito non venga sollevata dai partner europei – ne parla il Fmi ma non per il «suo» debito con Atene – a Bruxelles insistono che c’è il blocco del negoziato perché Atene non ha mandato un altro catalogo di riforme. Mentre Juncker si smentisce, in disaccordo con le «Istituzioni» che insistono sull’aumento dell’Iva su farmaci e beni di prima necessitá, oltre all’aumento delle bollette elettriche. Il premier greco invece insiste che «la nostra proposta assicura che centreremo gli obiettivi di bilancio fissati dalle istituzioni per il 2015-2016». Insomma quel che aspetta la Commissione Ue è. giá sul tavolo del negoziato.

Intanto il presidente della Banca di Grecia (BdG), Yannis Stournaras, ex ministro delle finanze durante il governo di coalizione tra conservatori e socialisti, avverte che il mancato raggiungimento di un accordo si tradurrà in un default e di conseguenza la Grecia sarà costretta ad uscire non solo dall’euro, ma anche dall’Unione europea.

Le valutazioni di Stournaras hanno provocato una marea di reazioni dure da parte di Syriza. Che protesta per il «tempismo» scelto dal presidente della indipendente BdG: Stournaras infatti ha deciso di anticipare la pubblicazione del suo rapporto proprio nel momento più critico delle trattattive con i creditori, facendo considerazioni politiche che non riguardano un’autorità indipendente.