Prudenza, reazioni in ordine sparso, difesa dei rispettivi interessi nazionali, mentre i fautori del rigore alzano la voce e l’alleanza di Syriza con i sovranisti di destra è molto mal accolta a Bruxelles.

Il giorno dopo la vittoria di Syriza, l’Europa non ha ancora trovato una risposta chiara alle richieste che Tsipras dovrà precisare.

La Germania non nasconde una forte irritazione, perché teme l’affetto domino. Angela Merkel, che oggettivamente incassa una seconda sconfitta in pochi giorni (dopo il quantitative easing di Draghi), si è consolata ieri con il mondo del passato: ha ricevuto l’ex presidente Nicolas Sarkozy (nella sede della Cdu, per non offendere troppo Hollande) e addirittura José Manuel Barroso, il predecessore di Juncker alla testa della Commissione.

Il portavoce, Steffen Seiber, ha ripetuto che la Grecia deve “rispettare gli impegni”. Berlino esclude che venga intrapreso il negoziato di un terzo piano di salvataggio della Grecia, ma ci sarebbe disponibilità ad allungare i tempi dell’attuazione del secondo, che è in corso: già la scadenza era stata rimandata a fine febbraio, adesso i tempi potrebbero allungarsi ancora.

Lo ha accennato il ministro delle finanze francese, Michel Sapin: “i partner della Grecia sono pronti a concedere un lasso di tempo sufficiente al nuovo governo greco prima di poter negoziare serenamente sul piano di aiuti”. Questo piano potrebbe contenere un allungamento dei tempi del rimborso e un abbassamento dei tassi di interesse.

La Francia di Hollande è molto prudente, anche se non solo il Front de Gauche e i Verdi, ma persino il Ps si è rallegrato per la vittoria di Syriza. Hollande ha parlato al telefono con Tsipras, invitato a venire presto a Parigi. Da parte della Francia c‘è “volontà di favorire discussioni e dialogo per permettere alla Grecia di ritrovare la strada della stabilità e della crescita nello spirito di solidarietà e responsabilità che riunisce l’Europa”.

L’Eliseo precisa che “la Francia sarà a fianco della Grecia in questo periodo importante per il suo avvenire”. Il ministro degli esteri, Laurent Fabius, ha ripetuto le parole chiave: “spirito di solidarietà e responsabilità, con l’obiettivo della stabilità e della crescita della zona euro”. Ma ha aggiunto: “ci sarà molto lavoro nelle settimane prossime”.

Cioè ci saranno momenti di tensione tra la Ue e Atene.

David Cameron liquida Tsipras: il risultato elettorale “accrescerà l’incertezza economica in Europa”. La Commissione ha usato prudenza, dopo le scivolate pro-Samaras di Jean-Claude Juncker e di Pierre Moscovici prima del voto. La Commissione “rispetta interamente le scelte sovrane e democratiche della Grecia, che ha fatto progressi considerevoli, siamo pronti ad aiutare per affrontare le sfide che restano nel campo delle riforme”.

Un modo alambiccato per spingere Tsipras a rispettare una delle promesse elettorali, cioè la riforma dello stato e del sistema fiscale, che continua a fare acqua da tutte le parti. Mario Draghi lo aveva già sottolineato alla vigilia dl voto, ricordando che la pressione fiscale in Grecia è inferiore alla media Ue (nel 2013 era al 34,2%, per non parlare della “diffusa evasione”).

L’Eurogruppo si è riunito ieri, come previsto da tempo, dopo un vertice improvvisato tra Tusk, Juncker e Jeroen Dijsselbloem. Il presidente dell’Eurogruppo resta rigido: “far parte della zona euro significa che bisogna rispettare l’insieme degli accordi conclusi”.

All’Europarlamento, i tedeschi non sono teneri. Manfred Weber, il truculento presidente del Ppe, afferma che “i contribuenti europei non sono pronti a pagare per le vane promesse di Tsipras”.

Per Weber “l’Europa è pronta a dar prova di solidarietà verso la Grecia se gli impegni presi e gli accordi sono pienamente rispettati”. Anche il presidente dell’Europarlamento, il socialdemocratico Martin Schultz resta freddo: “Tsipras dovrà trovare un compromesso con i partner europei, credo che lo sappia, oggi, il giorno dopo le elezioni, è anche il giorno della ragione”. Schultz ha parlato con Tsipras: “gli ho detto che non posso immaginare che le rivendicazioni radicali sue e del suo partito trovino da un lato una maggioranza in Grecia e dall’altro che i partner europei le sottoscrivano”.