Oggi la Grecia presenta nuove proposte, concordate tra tutti i partiti, ai due incontri programmati a Bruxelles, l’ennesimo Eurogruppo straordinario a metà giornata, seguito in serata da un vertice dei capi di stato e di governo dei 19 della zona euro. La mossa è stata concordata con Alexis Tsipras da Angela Merkel e François Hollande, in successive telefonate, tra domenica sera e ieri. Hollande ha ricevuto Merkel ieri all’Eliseo, per cercare un terreno di intesa, dopo le divergenze recenti. Hollande attende «proposte serie e credibili», offrendo un equilibrio tra «solidarietà e responsabilità», con «urgenza». Per Merkel, i partner hanno già dato prova «di molta solidarietà», l’ultima proposta era «molto generosa».

Hollande è invitato, in Francia, ad uscire dalla sua tradizionale ambiguità e a proporsi come un vero mediatore per evitare il peggio. Il ministro dell’Economia, Emanuel Macron, ha respinto l’ipotesi di organizzare un’uscita dall’euro della Grecia «senza drammi», avanzata dall’ex primo ministro Alain Juppé (che sogna l’Eliseo per il 2017). Per la Germania, invece, «al momento non ci sono i presupposti per una nuova trattativa su un altro programma di aiuto», ha affermato il portavoce di Merkel, Steffen Siebert, che ha anche precisato che «non c’è ragione per una ristrutturazione» del debito, come chiede Tsipras. La reazione tedesca al risultato del Greferendum sfiora l’isteria, al punto che il numero due del governo, l’Spd Sigmar Gabriel ha annunciato che «il summit discuterà di aiuti umanitari» per la Grecia, «la gente laggiù ha bisogno di aiuto e noi non dovremmo rifiutarglielo solo perché non siamo d’accordo con il risultato del referendum». Di ricorso alla charity aveva già parlato l’ineffabile Martin Schulz (Europarlamento), un’ipotesi ripresa dal gruppo Ppe a Strasburgo.

Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, segue la posizione tedesca e afferma che «la vittoria del no è molto disdicevole per l’avvenire della Grecia», perché «per la ripresa economica sono inevitabili misure difficili e riforme» e che non c’è «niente da aspettarsi» dalle proposte greche. La Commissione ieri ha pubblicato un commento minimalista, che «prende atto e rispetta» il risultato del referendum. Il commissario all’euro Vladis Dombrovskis ripete che «il posto della Grecia era e resta nell’eurozona», ma aspetta il risultato dell’Eurogruppo di oggi per vederci più chiaro. Attendismo anche all’Fmi, dopo aver «preso atto» del Greferendum: «Sorvegliamo la situazione – ha detto Christine Lagarde – e siamo pronti ad aiutare la Grecia se ce lo chiedono».

Comunque, la Commissione è soprattutto preoccupata della stabilità dell’euro: «La stabilità della zona euro non è in gioco», insiste Bruxelles e Dombrovskis ribadisce: «La stabilità dell’eurozona non è in discussione». Jean-Claude Juncker ha avuto contatti con Tusk, Dijsselbloem e Draghi, che ha parlato anche con Tsipras.

La Bce, suo malgrado, è gettata in prima linea in queste ore. Ha in mano l’arma fatale dell’Ela (liquidità di emergenza), l’ultimo rubinetto rimasto aperto per finanziare il sistema bancario greco. L’Ela è ferma a 89 miliardi e domenica la Banca centrale greca ha di nuovo chiesto a Francoforte un rialzo. Oggi e domani le banche non riaprono, come previsto, sono a secco. Per la Bce, che ha prestato alla Grecia 30 miliardi, la data finale è il 20 luglio, quando la Grecia deve rimborsare 3,5 miliardi. Se non c’è l’accordo, non ci saranno i soldi. Di qui ad allora, la Bce potrebbe progressivamente stringere il cappio attorno al collo della Grecia, fino a sospendere anche l’Ela. Allora ci saranno i fallimenti delle banche, che precipiteranno la Grecia nel caos, nel panico del bank run e a dover ricorrere agli IOU (I owe you), cioè una moneta parallela per pagare funzionari e pensioni, equivalente a un Grexident nel disordine.

Jens Weidmann, della Bundesbank, sottolinea da tempo che l’Ela della Bce è al limite delle competenze di Francoforte, che sta rischiando la propria reputazione. La ristrutturazione del debito chiesta da Atene ha di fronte un ostacolo di peso: per Christian Noyer, governatore della Banque de France, «per definizione il debito greco verso la Bce non può essere ristrutturato perché costituirebbe un finanziamento monetario a uno stato», escluso dall’art.123 del Trattato di Lisbona.

In caso di Grexident, ma anche di un Grexit ordinato, non sono del tutto dissipati i timori di un contagio, a cominciare da Spagna e Portogallo. Luis de Guindos, ministro spagnolo, ha affermato che «la Spagna non prevede assolutamente» un Grexit e ha aperto a un «terzo piano di aiuti, la Grecia ha diritto di chiederlo», ma ha ricordato che «bisogna applicare le regole». Impazienza anche da parte di Matteo Renzi: le riunioni di oggi «devono indicare una via definitiva» per uscire da quello che Paolo Gentiloni ha definito «il labirinto greco».