Qualche settimana fa ho partecipato a un dibattito televisivo di un canale d’informazione economica. Un broker di borsa mi ha chiesto se il leader di Syriza aveva valutato l’effetto domino che avrebbe provocato l’uscita della Grecia dall’eurozona. La domanda era in buona fede e l’interlocutore era sinceramente stupito quando gli ho risposto che, in effetti, Tsipras aveva ben valutato l’effetto domino, tanto da escludere non solo l’uscita ma perfino l’espulsione della Grecia dall’eurozona.

Oltre però alla cattiva informazione (di cui egli non era certo responsabile), lo scambio di battute mi ha fatto riflettere. Quello che il broker chiedeva era: basta un voto per affrontare lo schieramento neoliberista e finanziario che si è affermato nell’Unione Europea nell’ultimo decennio?

Una bella domanda, alla quale forse solo un greco può dare risposta con congnizione di causa. Dopo quattro anni di «dominio pieno e assoluto» della trojka, lo si può dire con franchezza: no, la trojka non è compatibile con la democrazia. Nessun popolo, nessun governo che abbia a cuore gli interessi del suo paese potrebbe mai accettare quelle condizioni. Non a caso, sia in Italia che in Grecia, fu giocata (simultaneamente) la carta (fallimentare) dei governi tecnici. E non è un caso la fretta con cui Berlino e Bruxelles hanno messo in archivio l’ondata antieuropea e antiausterità che è uscita, quasi ovunque, dal voto per il Parlamento Europeo.

Certo, il governo uscente di Samaras è stato eletto liberamente nel 2012.

Noi greci però ricordiamo bene l’arruolamento al completo del governo tedesco e dell’allora Commissione per condizionare il voto. Nuova Democrazia e il suo leader non erano più i campioni del clientelismo e della corrruzione, i primi responsabili del fallimento del paese. Si erano magicamente trasformati in difensori della stabilità e del rigore, argine contro i barbari «populisti» e «anti-europei» della sinistra, pronti a condurre verso gli scogli la Grecia e la stessa eurozona. Ai lettori questa storia sembrerà vagamente attuale: il voto dei cittadini deve essere conforme al voto dei mercati, altrimenti sono guai.

Eletto grazie a questo ricatto, il governo Samaras, sostenuto anche dai vecchi rivali, i socialisti del Pasok, non poteva che governare di conseguenza.

Il potere esecutivo è stato concentrato nelle mani del premier. Il consiglio dei ministri si è riunito in tutto due volte, Samaras ha messo piede in Parlamento non più di una decina di volte.

I provvedimenti imposti dalla trojka sono stati sottoposti al voto parlamentare in un unico articolo, in traduzione google, senza dare neanche il tempo di lettura.

Il secondo memorandum del 2012 prevede esplicitamente che nessuna istituzione greca goda di immunità di fronte ai creditori e che ogni controversia sarà risolta nel foro di Londra. Cedimenti di sovranità non autorizzati da nessuna Costituzione europea.

Questa situazione ha provocato tensioni nella maggioranza. Samaras ha preparato l’alternativa: aprire verso Alba Dorata. In primavera si è scoperto che uno stretto collaboratore del premier coordinava l’attività parlamentare del gruppo nazista che, per poco, appena la settimana scorsa non ha contribuito all’elezione del nuovo Presidente.

Altri estremisti di destra sono entrati nel cerchio magico di Samaras: chiudono la tv pubblica Ert, imbastiscono una campagna calunniosa verso l’opposizione, lasciano carta bianca alle violenze poliziesche: le forze antisommossa portano svastiche sulla divisa ma nessuno si scandalizza.

Va bene, cioè male. Ma in cambio c’è il risanamento economico. Macchè. Salari abbattuti anche del 40% e nessun investitore in vista. Tutte le privatizzazioni si sono trasformate in omaggi all’oligarchia greca e ai suoi soci stranieri. Ci sono ricorsi a pioggia a tribunali nazionali ed europei ma la trojka li blocca: non sono sindacabili, per contratto.

Il tutto in un ambiente di abituale sopruso e irregolarità amministrative: clientele, ruberie, nepotismi, corruzione, esattamente come prima della crisi. Ora però con la garanzia di qualità europea.

Prima di ingerirsi, con l’abituale delicatezza, negli affari elettorali del popolo greco, la cancelliera Merkel dovrebbe mettersi la mano sulla coscienza. Samaras era una marionetta, incapace di qualsiasi «risanamento». Lo sapevano tutti, ma si sono cullati nell’illusione di poter saccheggiare il paese per l’eternità.

Come scriveva ieri su questo giornale Tommaso Di Francesco, il voto dei greci sta strappando il velo di menzogne e di bufale mediatiche che i liberisti ci hanno propinato in tutti questi anni. Il panico delle Borse forse è dovuto anche a questo: alla luce del sole i fantasmi svaniscono, i topi si nascondono e il capitalismo da roulette cerca altre prede. In Europa l’aria sta cambiando.