Nell’estenuante altalena di alti e bassi sul futuro della Grecia, ieri è stata una giornata di moderato ottimismo. Ai margini del vertice di Riga (Lettonia, che ha la presidenza semestrale del Consiglio Ue) sulla Partnership orientale, dopo un incontro di più di due ore tra Angela Merkel, François Hollande e Alexis Tsipras giovedi’ sera, la minaccia di default greco sembrava essersi allontanata un po’. La cancelliera tedesca ha parlato di “scambio molto amichevole, costruttivo”, ma ha messo in guardia: “è chiaro che bisogna continuare a lavorare con le tre istituzioni”, Fmi, Bce e Ue, “resta ancora molto da fare”.

Francia e Germania avrebbero offerto alla Grecia “un aiuto” nelle discussioni in corso per uscire dal pantano.

La Grecia parla di “atmosfera costruttiva” e Tsipras insiste sulla necessità di arrivare a “un accordo di lungo periodo”. In pratica, Atene dovrebbe poter far fronte alla scadenza del 5 giugno con l’Fmi, 302 milioni di rimborso che saliranno a 1,5 miliardi entro la fine del prossimo mese. Ad Atene sperano in un accordo al massimo entro una decina di giorni, per sbloccare l’ultima tranche di 7,2 miliardi del secondo piano di aiuti alla Grecia esteso fino a fine giugno. Ma i tempi potrebbero rivelarsi un po’ più lunghi.

La Commissione avrebbe studiato una rete di salvataggio, per evitare che le cose precipitino. Secondo il quotidiano To Vima, Jean-Claude Juncker avrebbe proposto di sbloccare in emergenza 5 miliardi di euro per Atene, se resteranno le resistenze dei creditori verso un programma di più lungo respiro. In altri termini, Juncker propone di prendere altro tempo.

Ma niente è gratis, avverte Bruxelles: le richieste sono di imporre un’Iva unica al 18%, al posto dei tre livelli di oggi (23%, 13% e 6,5%), anche se resterebbe la possibilità di mantenere l’imposta sul valore aggiunto più bassa per alcune attività (libri, giornali, ristorazione). La seconda richiesta è più problematica: continuare a prelevare l’Enfia, l’odiata tassa sulla casa (che è calcolata su un valore immobiliare che risale a prima della crisi e quindi non tiene conto del crollo dei prezzi che ne è seguito).

Per la riforma delle pensioni, pretesa dall’Fmi (effetto rapido, che interessa l’istituzione di Washington che ha prestato 32 miliardi a scadenza breve, 10 anni), secondo Juncker si puo’ aspettare. La Commissione, in altri termini, allunga i tempi. Se la Grecia riuscirà a passare l’estate e le enormi scadenze (entro ottobre 8,4 miliardi, di cui 6,7 alla Bce), arriverà un autunno più calmo, con rimborsi di soli 1,7 miliardi all’Fmi nell’ultimo trimestre di quest’anno. Ad Atene sperano che con il rispetto dei rimborsi di giugno, possa essere raggiunto un accordo con l’Fmi, che permetterà di aprire alla Grecia la porta del quantitative easing, che Mario Draghi aveva chiuso per Atene quando lo ha lanciato nel gennaio di quest’anno. Inoltre, la Bce deve 1,9 miliardi di euro alla Grecia come interessi. Insomma, un bricolage è possibile, per tirare avanti ed evitare il peggio.

La Commissione sarebbe anche aperta all’idea di limitare la richiesta di avanzo primario allo 0,75% per quest’anno (contro l’assurdo 3% inizialmente richiesto, poi ridotto all’1,5% nel febbraio scorso). Per il 2016 si parla del 2% e addirittura di un ritorno al 3,5% nel 2017, ma c’è tempo per decidere.

La proposta della Commissione mira a calmare gli spiriti del fronte dei duri in Europa, Wolfgang Schäuble in testa, che è seguito da 5 paesi sui 19 della zona euro, che pretendono dalla Grecia ancora riforme lacrime e sangue. Bruxelles vuole attenuare l’offensiva di chi intende giocare d’azzardo sull’ipotesi di un referendum in Grecia, con l’obiettivo di sbarazzarsi del governo Syriza. “Un referendum? Perché no” ha detto all’Eurogruppo dell’11 maggio Wolfgang Schäuble, ma Yanis Varoufakis gli ha risposto che “non è nei radar”.