Raramente è accaduto che, in Europa, le mosse concrete di un governo siano finite così sotto i riflettori come sta accadendo con quello greco. Pure quando un esecutivo rappresentava una novità nel panorama continentale e da esso si aspettava un cambiamento.

Non lo è stato ai tempi di Zapatero in Spagna, fatta eccezione per le misure sui diritti civili, e non è così per i socialisti di Hollande in Francia, le cui misure economiche e sociali sono sostanzialmente ignote all’opinione pubblica non francese. Tutti attendono invece le mosse di Tsipras e Varoufakis: cosa proporranno all’Europa? E ai greci?

Ieri mattina, i quotidiani ellenici anticipavano le sei proposte che il ministro delle Finanze di Atene presenterà lunedì prossimo all’Eurogruppo per ottenere lo sblocco della tranche di finanziamenti per sette miliardi di euro. Secondo i media greci, il piano comprenderà la riforma del fisco e della pubblica amministrazione, nonché altre misure per affrontare il cosiddetto «trittico povertà», che vuol dire cibo, alloggio ed energia per le fasce più deboli. Si tratta delle «misure umanitarie» sulle quali il governo di Syriza non intende transigere.

Illustrando una proposta di legge presentata in Parlamento, il governo ha detto che stanzierà duecento milioni per per la distribuzione di buoni pasto, per l’assistenza a chi non può permettersi un alloggio e per pagare le bollette dell’energia ai meno abbienti. Si tratta, in gran parte, di un sostegno alle attività di mutuo soccorso che sono fiorite negli ultimi anni e che già ricevevano un sostegno da parte di Solidarity4all, la struttura creata ad hoc alla quale i deputati di Syriza devolvono un terzo dello stipendio.

Sarebbe previsto poi un intervento sui debiti dei cittadini nei confronti dello Stato e delle assicurazioni, una vera e propria emergenza sociale. Il punto è che tutti sanno che si tratta di debiti insolvibili, almeno sul breve periodo, e l’obiettivo è quello di rateizzarli a lunga scadenza in modo da produrre un gettito fiscale reale. Nel piano ci sarebbero inoltre la riforma dell’amministrazione fiscale, l’unificazione delle tasse municipali per la pulizia delle strade e per la raccolta dei rifiuti, nonché l’istituzione di una nuova agenzia che effettuerà verifiche fiscali mirate. Anche qui, il punto è riuscire a rendere efficace la lotta all’evasione e alla diseguaglianza fiscale.

Nel frattempo, si avvicina pure la riapertura dell’Ert, la tv pubblica chiusa d’imperio dall’ex premier Antonis Samaras un anno e mezzo fa. Oggi infatti sarà presentato in Parlamento un progetto di legge per la riapertura della tv di Stato. Una notizia molto attesa soprattutto dai resistenti (giornalisti e tecnici) dell’Ert Open, la tv e radio autogestita che ha continuato a trasmettere da un palazzo di fronte alla vecchia sede, nel frattempo riaperta da Samaras con un nuovo nome, Nerit, e appena un terzo dei dipendenti di un tempo, tutti assunti a tempo determinato e con stipendi più che dimezzati. Ora chiunque lo vorrà, tra i 2.800 licenziati, potrà chiedere di essere riassunto.

Il piano di Varoufakis, che non conterrebbe le misure sulla televisione e neppure quelle sull’immigrazione (il governo ha deciso la chiusura del centro di detenzione di Amygdaleza, finito più volte nel mirino delle organizzazioni per i diritti umani, nonché procedure meno restrittive sui controlli agli immigrati), ora dovrà essere vagliato dall’Eurogruppo. Che dovrebbe valutarne esclusivamente la compatibilità economica. Varoufakis, astutamente, gioca sul filo del fuorigioco: se gli dicono di no, dovranno spiegarne le ragioni politiche e non solo finanziarie.