Lo scossone del voto del Greferendum getta gli interlocutori in un profondo imbarazzo, dopo le minacce intensificate negli ultimi giorni per impedire di “votare male”. Subito dopo le prime stime, con il “no” in testa, un comunicato dell’Eliseo ha informato che François Hollande riceverà a Parigi Angela Merkel stasera, per una cena destinata a “valutare le conseguenze del referendum greco”, precisando che l’incontro “si inserisce nel quadro di cooperazione permanente tra Francia e Germania per contribuire a una soluzione durevole in Grecia”. Ma, segno di difficoltà, non ci sarà nessuna conferenza stampa (solo un comunicato).

Un vertice della zona euro potrebbe aver luogo martedì.

Lo choc del referendum costringe a riprendere le fila di una possibile via d’uscita.

La Bundesbank, nel pomeriggio, ha ricordato a Angela Merkel i costi di un eventuale Grexit: Jens Weidmann ha avvertito che costerebbe alla Germania un buco di vari miliardi nel bilancio dello stato, molto di più dei 14,4 miliardi accantonati dalla Banca centrale tedesca (la Germania ha 41,3 miliardi dei 130,9 del Fesf – 23,7 per l’Italia, 31 per la Francia – e 15,2 miliardi di prestiti bilaterali – 10 per l’Italia, 11,4 per la Francia).

La Bce, che riunisce stamattina il consiglio dei governatori per decidere cosa fare dell’Ela (liquidità di emergenza), ha precisato che “prenderà misure supplementari, se necessario”. Per Benoît Coeuré, in una “circostanza di grande incertezza europea e mondiale, la Bce è chiara sul fatto che se si deve fare di più si farà di più”.

La Bce ha oggi in mano l’arma fatale, che potrebbe soffocare Atene nell’immediato e spingere il paese a un Grexit. Ieri nel tardo pomeriggio la Banca centrale greca ha chiesto alla Bce di alzare l’Ela, che venerdi’ scorso, come il 28 giugno, non era stata ritoccata e Yanis Varoufakis ha annunciato un incontro, ieri sera, con i dirigenti delle quattro principali banche del paese, per preparare la riapertura, promessa per domani (dopo 8 giorni di chiusura).

Riunione oggi anche dei direttori del Tesoro della zona euro, l’Euroworking Group, che prepara l’Eurogruppo, mentre ancora ieri sera non c’era stata convocazione di una riunione die 19 ministri delle finanze della zona euro. Il governo greco ha preso contatti con la Svizzera e pensa a un decreto di amnistia fiscale (tassa forfettaria del 21% sui soldi greci al riparo nelle casseforti elvetiche).

Tutti gli interlocutori, malgrado le dichiarazioni belliche dei giorni precedenti il referendum, hanno finito per invitare alla ripresa dei negoziati, di fronte alla determinazione della Grecia.

Per Matteo Renzi, qualunque sia il risultato da lunedi’ “dovremo rimetterci a parlare, la prima a saperlo è Angela Merkel”. Wolfgang Schäuble non si smentisce e avverte: nuove discussioni saranno “molto difficili”. Stessa campagna da Mariano Rajoy in Spagna – dove ancora ieri c’è stata una manifestazione per il “no” – che ha avvertito: l’avvenire “non sarà facile”. Reazione dura di Sigmar Gabriel, Spd: “Tsipras ha tagliato gli ultimi ponti”. Il ministro francese dell’Economia, Emanuel Macron, ha messo in guardia contro “un trattato di Versailles della zona euro” – il trattato punitivo contro la Germania alla fine della prima guerra mondiale, che favori’ l’ascesa del nazismo – “qualunque sia il risultato” bisogna “riprendere le discussioni politiche”. Per Macron bisogna resistere contro la tentazione di “schiacciare un popolo”.

Martin Schulz (Europarlamento) ha dovuto fare in fretta retromarcia. Ieri si è presentato con la faccia della colomba: “non abbandoneremo la gente in Grecia, forse dovremo accordare crediti di emergenza” per permettere alla Grecia di continuare a funzionare, “ci sono fondi per questo a Bruxelles”. In un’intervista pubblicata ieri mattina, invece, aveva fatto la voce grossa e minacciato: “la Grecia dovrà avere un’altra moneta se vince il no” (ma l’intervista era stata fatta giovedi’ scorso, in un momento in cui l’ordine era di essere intransigenti). Anche Jean-Claude Juncker (Commissione) ha assicurato che “non abbandoneremo la popolazione greca”.

Nelle stanze del potere di Bruxelles i tecnocrati continua a insistere sul fatto che il risultato del voto conta poco.

Con il non pagamento del rimborso all’Fmi il 30 giugno è anche scaduto il secondo piano di “aiuti” alla Grecia e si sono evaporati i residui 7,2 miliardi che dovevano ancora venire versati. Adesso la partita dovrebbe riprendere, ma la politica ritorna in primo piano.

I responsabili greci del negoziato con le istituzioni, tra cui Nikos Pappas, ieri sera stavano già preparandosi a ripartire oggi per Bruxelles.