Sulle finestre barocche di piazza san Carlo da cui si affacciano i massimi dirigenti di Intesa Sanpaolo, viene proiettata a caratteri cubitali la scritta «iodicoNo». La piazza più bella di Torino accoglie il comizio di chiusura di Beppe Grillo e del Movimento Cinque stelle: non c’è la folla delle grandi occasioni, ma fa molto freddo e gli organizzatori possono essere soddisfatti dell’affluenza.

Tra i lampioni colorati che compongono una delle installazioni più graziose di «Luci d’artista» si assiepano cinquemila tra militanti e curiosi, che fin dal primo pomeriggio attendono l’arrivo del capo politico e del suo stato maggiore. L’umore della folla va dal depresso all’entusiasta, ma la maggior è ben convinta che domenica sera non solo il No avrà vinto, ma soprattutto Matteo Renzi sarà a un passo dalla fine della sua storia politica.

MOLTI TEMONO BROGLI, alcuni la compravendita di voti, quasi tutti la deriva autoritaria; un vago sentimento millenarista attraversa la piazza, come se domenica si dovesse combattere la battaglia finale tra il bene e il male.

La piazza cinque stelle di Torino si scalda di fronte al grande assegno con cui il movimento dimostra che hanno restituito ottanta milioni di euro, simbolo, secondo loro, dei risparmi che si possono ottenere senza cambiare la Costituzione.

ALLE SEI DI SERA, quando il sole è già calato, la piazza si riscalda con l’arrivo di Beppe Grillo: differentemente dal suo popolo, e dai parlamentari che l’hanno preceduto al microfono, appare molto calmo e sereno, come se volesse allentare la tensione della folla.

Inizia con qualche battuta sui giornalisti koreani che lo stanno seguendo e studiando da venti giorni, poi passa al comizio che in piazza tutti attendono: «Sarà un paese spaccato sia che si vinca o che si perda. Siamo alla stasi mentale, è una situazione da guardare dal punto di vista neurogastrologico».

RISATE E APPLAUSI si mischiano. «Questa riforma che vogliono far passare – continua il capo del M5s – ha un impianto legislativo che non capisce nessuno. Lo fanno apposta perché la complessità il cervello non la vuole, lo manda in depressione. La gente non capisce e non reagisce più, così loro ti rubano tutto, anche l’acqua pubblica e la scuola pubblica». Grillo, consapevole che la vittoria della sindaca Chiara Appendino in una città come Torino è maturata in virtù di uno stile comunicativo molto pacato, non affonda i colpi e lascia l’attacco ai parlamentari piemontesi Alberto Airola e Laura Castelli. Lui detta la linea del dopo voto, in cui, tra le righe, si legge un messaggio abbastanza chiaro: anche se il No perderà noi rimarremo l’unica forza politica in grado di competere con il Partito Democratico.

Grillo cede il microfono ad Alessandro Di Battista e il numero di cellulari con cui il pubblico manda in diretta sui social l’intervento raddoppia.

La popolarità del giovane parlamentare, almeno a Torino, è cresciuta notevolmente grazie al giro d’Italia compiuto per il referendum.

DI BATTISTA ATTACCA il Partito Democratico e lo paragona ad una banca che piazza prodotti tossici: «Le banche lo fanno con la complicità dei loro direttori il Pd lo fa con il governo. Non sono forse prodotti tossici il Jobs act, la Buona scuola, che è riuscita solo a rendere più sfruttati i professori». Ovazione della folla, ormai a un passo dall’assideramento.

Dopo la pars destruens giunge ovviamente la pars construens, riccamente condita di retorica: «Anche il M5s vuole fare dei cambiamenti alla Costituzione – sottolinea Di Battista – per esempio vuole abolire l’immunità parlamentare e inserire l’obbligo di dimissioni per tutti i parlamentari che entrano con un partito e poi passano in un altro». Altra ovazione della folla.

[do action=”quote” autore=”Luigi Di Maio”]«Con questa riforma ci tolgono diritto di votare il Senato e questo non si chiama riforma, si chiama paura degli italiani quando vanno a votare»[/do]

MA IL RECORD DI visualizzazioni sui social, che ormai hanno sostituito la piazza, lo ottiene Luigi di Maio. Se Di Battista sfoggia un abbigliamento sportivo, Luigi di Maio riesce ad essere istituzionale anche con la temperatura sotto zero. Alza la voce il candidato premier in pectore, e scandisce: «Con questa riforma ci tolgono diritto di votare il Senato e questo non si chiama riforma, si chiama paura degli italiani quando vanno a votare».

Si chiude con un saluto al fondatore scomparso Gian Roberto Casaleggio e all’amico Dario Fo. Ultima arringa di Grillo, cautissimo: «Anche se perderemo noi vivremo lo stesso e andremo avanti lo stesso. Non perdiamo il sorriso, non perdiamo l’ironia, mai».