Nel giorno delle dimissioni di Renzi, Beppe Grillo ha riconosciuto tre degli ingredienti che fecero la fortuna del Movimento 5 Stelle prima delle elezioni politiche scorse: l’assalto delle telecamere, che non vedono l’ora di raccogliere una sua dichiarazione, il suo blog che torna a dettare la linea del dibattito tra i grillini e la necessità di sparire, perché da anni sa bene che le assenze in televisione valgono più delle presenze. «Adesso è l’ora di farmi passare come grillo mannaro ma non ci riusciranno», dice. I grillologi noteranno che «Grillo mannaro» è il titolo di uno spettacolo (e di un dvd tratto dallo show) inscenato dal comico genovese nel 2010. Il leader M5S se la prende con i «guru dell’informazione» ora «pesantemente disoccupati e confusi»: «non capiscono che cosa sia un comico professionista – dice – Lo confondevano con un ignorante e generico buffone».

Da Roma, intanto, si segue la linea: votare il prima possibile, anche con l’Italicum, per capitalizzare la vittoria al referendum. Ecco quindi che i deputati fanno sapere di aver depositato a Montecitorio una proposta di legge che estende i principi di quello che eufemisticamente viene definito «il sistema elettorale vigente per la Camera» anche al Senato. «In questo modo – spiegano i parlamentari in un comunicato – il giorno dopo che la Consulta si sarà pronunciata, avremo già una legge elettorale per entrambi i rami del Parlamento». Per i 5 Stelle, l’unico motivo di rinviare è tirare a campare fino a «settembre 2017 quando i parlamentari matureranno la pensione d’oro».

Tutto ciò mentre «l’Italia è in ginocchio: l’economia cresce la metà di quelle europee, 18 milioni di cittadini sono a rischio povertà e la disoccupazione è oltre il 20% se si contano anche gli inattivi». «Abbiamo sempre denunciato i rischi connessi al combinato disposto tra l’Italicum e la riforma costituzionale di Renzi – dicono ancora – Ma ora che gli italiani hanno bocciato quella riforma, i rischi maggiori che potevano derivare dall’Italicum sono venuti meno».

Fin qui tutto liscio, ma non mancano i problemi. Ieri Vito Crimi ha dichiarato pubblicamente il suo appoggio a Luigi Di Maio nella corsa per Palazzo Chigi. Ma la paura che il dibattito interno ai gruppi parlamentari degeneri viene alimentata dalla dichiarazione di uno dei rivali di Luigi Di Maio, il presidente della commissione di vigilanza Rai Roberto Fico. Dopo aver annunciato all’Avvenire di essere disposto a candidarsi premier, Fico attacca l’idea di «partito personale». «La solidità di un progetto è nel suo operare e continuare a esistere al di là delle singole persone» ribadisce il parlamentare napoletano, che poi pare riferirsi all’attivismo di Di Maio: «Nella vita politica osserviamo il percorso di singole personalità in cui vengono magari riposte grandi speranze, quindi la loro ascesa e poi la loro caduta. Singole personalità che salgono in cima, cadono e vengono il più delle volte scartate, come in una sorta di talent show. E con la loro caduta entrano in crisi i partiti che essi rappresentano, come se un progetto di rinnovamento della società potesse mai essere legato al destino di un singolo».

Nei giorni scorsi si è parlato anche di «alleanze», di fronte alla sollecitazione del consigliere bolognese Max Bugani circa possibili intese con Lega e Forza Italia. Adesso tutti si affrettano a smentire, a dire che al massimo si tratterà di «convergenze», perché di alleanze il M5S non vuole sentirne parlare. Salvini, che aveva invitato a votare al ballottaggio per il M5S a Roma e Torino, ha colto la palla al balzo e ha fatto sapere di aspettare proposte, pur sottolineando differenze di veduta sul tema dell’immigrazione. Eppure, ieri, in bella vista sul blog di Grillo campeggiava un articolo sul tema, a firma del gruppo dei parlamentari europei pentastellati: «Il 2016 non è ancora terminato ma può vantare già il record di sbarchi nella storia d’Italia».