Un dramma della povertà in una zona diventata da diversi anni una specie di moderno Far West. A perdere la vita un bracciante di 37 anni originario del Burkina Faso, Sare Mamoudou, centrato alla schiena dal fucile imbracciato da Ferdinando Piacente, 67enne proprietario del terreno agricolo in cui Sare, insieme ad altri due braccianti africani si era introdotto nella giornata di lunedì.

Siamo in contrada Vaccarella, nelle campagne tra Foggia e Lucera. L’intento dei tre non è chiaro: secondo le ricostruzioni ufficiali pare volessero rubare un po’ di frutta, qualche melone, che per i braccianti del Gargano è l’unico alimento di una risibile dieta mediterranea, per chi come loro guadagna pochi euro al giorno, quando c’è lavoro.

Qualcosa però non va secondo i piani: i cani della tenuta dei Piacente abbiano, allertando padre, e figlio, Raffaele di 27 anni, che escono dalla loro abitazione imbracciando i fucili, regolarmente detenuti.

Non sparano subito, anche perché i tre braccianti sono molto vicini a loro: urlano, intimano a Sare e i suoi colleghi di andarsene, avvicinandosi. Ne sarebbe venuta fuori una colluttazione violenta: tra chi per sopravvivere è disposto anche a rischiare la vita e chi, per difendere il proprio orto, è disposto anche ad andare in galera, ad uccidere. Ad avere la peggio è il 27enne Raffaele, che viene colpito al naso. E’ forse questo il motivo che fa scattare nel padre l’eccesso di violenza: spara un paio di colpi in aria, sotto forma di avvertimento. Sare e i suoi due amici scappano verso la loro Fiat Uno e provano la fuga.

Ma i Piacente non hanno intenzione di desistere e partono all’inseguimento dei tre. Un altro colpo di fucile, dopo pochi chilometri, fora una delle ruote della Fiat Uno che finisce fuori strada e costringe i tre braccianti alla fuga a piedi. Non contento del «risultato» ottenuto, Ferdinando Piacente prende la mira e spara tre colpi: due feriscono mortalmente alla schiena e ad un braccio Sare, mentre un terzo coglie in pieno petto Kadago Adam che resta a terra.

L’ultimo dei tre, di cui ancora non si conoscono le generalità, riesce a fuggire nei campi salvandosi la vita.

Soltanto in quel momento i Piacente riacquistano un minimo di lucidità e si ritirano nella loro abitazione in stato di choc, come li ritroveranno soltanto poche ore dopo i Carabinieri del comando provinciale di Lucera, affiancati dai colleghi di Foggia.

Il terzo bracciante, scampato il pericolo, torna indietro da Kadago Adam che è a terra, ma ancora vivo: allerta il 118 che lo trasporterà agli ospedali Riuniti di Foggia dove viene ricoverato in prognosi riservata, ma non in pericolo di vita.

Grazie alla ricostruzione fornita dal sopravvissuto, i Carabinieri risaliranno ai Piacente che saranno arrestati in piena notte con le accuse di concorso in omicidio volontario e concorso in tentato omicidio volontario e porto illegale di armi. Il fucile infatti, pur detenuto legalmente, è stato portato fuori dall’abitazione. Il magistrato ha inoltre disposto l’autopsia sul corpo di Sare.

Fin qui la ricostruzione «ufficiale» dei fatti.

Perché da quanto abbiamo appreso le cose non starebbero esattamente così.

Nella serata di ieri, al ghetto di Rignano Garganico, si è svolta un’assemblea della comunità del Burkina Faso. Dalla quale sarebbe emersa un’altra versione: secondo la quale i tre non sarebbero andati nel podere dei Piacente per rubare, ma per cercare lavoro. Ed inoltre i fatti si sarebbero svolti di pomeriggio e non di sera. Aspetti sui quali inquirenti e sindacati hanno intenzione di indagare a fondo.

Ciò nonostante, è indubbio che la provincia di Foggia sia diventata una specie di Far West moderno. Un fenomeno che dura da anni, non certo da oggi, ma fa specie la continuità di certi avvenimenti così ravvicinati nel tempo.

Lo scorso 26 agosto scorso a Troia, in provincia di Foggia, un agricoltore di 52 anni aveva ucciso un 67enne italiano che stava rubando nel suo podere. Il fatto accadde in un fondo agricolo in località «Case Rotte» in agro di Troia, lungo la strada provinciale che collega la città del Rosone a Faeto, sui Monti Dauni. A sparare fu Michele Marchese, di Castelluccio Valmaggiore, denunciato per omicidio colposo. La vittima, Antonio Diciomma, 67enne di Cerignola, aveva piccoli precedenti per reati contro il patrimonio, venne raggiunto da una fucilata alla schiena: insieme a lui – secondo i militari – vi erano altre persone, fuggite nei campi dell’azienda avicola.

Poi, lo scorso 14 settembre a Foggia, fu ferito in un agguato il pregiudicato Mario Piscopia scampato alla morte per miracolo. E soltanto domenica scorsa un uomo di 45 anni di San Severo, sempre in provincia di Foggia, è stato ucciso con un colpo di arma da fuoco, al termine di un litigio.

Se non è Far West questo, poco ci manca.