Si è concluso a Ufa, in Russia, il VII Vertice dei Brics, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Una strada aperta a nuove regole del gioco, a nuove sfide globali. Ha preso forma la Banca mondiale di sviluppo, tutti i paesi hanno sottoscritto un fondo di riserve comuni, eletto i vertici (la presidenza della Banca va all’India) e i delegati hanno firmato una serie di documenti in materia di cooperazione: a livello economico, ma anche culturale e organizzativo, con la creazione di una pagina web comune ai ministeri degli Esteri dei paesi membri che funzionerà come segretariato virtuale dei Brics.

La Russia, a cui è toccata la presidenza di turno, ha iniziato con la Cina e con l’India negoziati per la creazione di zone di libero commercio, che per ora – ha detto il presidente russo Vladimir Putin – rimangono nell’ambito dei rapporti bilaterali e non coinvolgono gli altri paesi della coalizione. Ieri, nella stessa sede, si è svolto anche il Vertice dell’Ocs, l’Organizzazione di cooperazione di Shanghai: con l’obiettivo di includere a pieno titolo due paesi osservatori, India e Pakistan, da aggiungere a Russia, Cina, KKazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, e per configurarsi così come un nuovo G8.

Passi importanti per una nuova architettura finanziaria e un nuovo indirizzo, di segno inverso a quello che ha preso piede con l’egemonia del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. I Brics hanno infatti manifestato, per bocca della presidente brasiliana Dilma Rousseff, la loro «totale contrarietà alla politica di sanzioni» e ai piani di aggiustamento strutturali imposti con il ricatto del debito. Rousseff ha fatto al riguardo l’esempio di Cuba, del micidiale blocco economico imposto dagli Usa e oggi rimesso in questione. Sul tavolo anche la crisi greca, a cui i Brics potrebbero offrire una sponda.
Ieri, in un convegno internazionale organizzato alla Camera dei deputati dal Movimento 5Stelle, dal titolo “Brics, parte formalmente la sfida al mondo dollarizzato”, hanno parlato rappresentanti dei cinque grandi emergenti, introdotti da Alessandro Di Battista.

Andrey Klimov, vicepresidente della Commissione affari esteri del senato russo ha chiarito: «Non abbiamo preclusioni all’entrata di altri paesi, che siano in via di sviluppo o sviluppati, ma la regola è che i cinque fondatori mantengano una maggioranza di oltre il 50% affinché il loro peso effettivo rimanga sempre maggioritario». Per Klimov, Banca dei brics non è un istituto «di beneficenza», ma avrà comunque una logica diversa da quella dell’Fmi, giacché il suo obiettivo è «combattere la povertà e rendere la crescita più inclusiva». La logica dei Brics – ha spiegato Tang Youjing, consigliere politico dell’ambasciata cinese, «è quella di concedere finanziamenti per le infrastrutture in un’ottica di complementarietà e costruire una via, una cintura sulla rotta e lo spirito dell’antica via della Seta». Di Grecia e di Europa si è parlato nella seconda parte dell’incontro con tre economisti: lo spagnolo Ramon Franquesa, il greco Leonidas Vatikiotis, critico sull’atteggiamento di Tsipras di non «rispettare il no degli elettori rinegoziando con la troika progetti già fallimentari», e Luciano Vasapollo, a cui la sala piena ha riservato un’ovazione. Vasapollo ha parlato dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli delle Americhe che ha chiesto di entrare nei Brics. E ha esaminato il complesso percorso per uscire dall’euro e costruire un’Alba mediterranea: assumendo la decisione di «una nuova valutazione del debito» compiendo un’operazione di sovranità come quella realizzata con profitto da Morales in Bolivia o da Correa in Ecuador.