«Il reddito di cittadinanza, così come lo proponiamo noi, azzererebbe la povertà assoluta in Italia. E non lo dicono i Cinquestelle, ma l’Istat in una analisi comparata tra tutte le proposte di legge depositate sul tema». Nunzia Catalfo, senatrice del M5S, spiega che i dati diffusi ieri dall’istituto di statistica «certificano come le politiche attuate fino a oggi dal governo Renzi abbiano fallito, visto che le percentuali sono aumentate rispetto al 2013 e al 2014». Analogamente, il ddl di contrasto alla povertà e per il cosiddetto «reddito di inclusione», approvati proprio ieri alla Camera, «sono del tutto inadeguati».

A quanto ammonta il reddito di cittadinanza che proponete?

La senatrice M5S Nunzia Catalfo
La senatrice M5S Nunzia Catalfo

Per un nucleo familiare composto da una persona che non percepisce alcun reddito è di 780 euro netti al mese, pari a 9.360 euro all’anno. È impignorabile e non soggetto a tassazione. Per le famiglie con più componenti, viene calcolato in funzione del numero di persone e di minori presenti: una di due persone avrà diritto da un minimo di 1.014 euro a un massimo di 1.170; una di tre da 1.248 a 1.560 euro. Una di quattro – e sono tra le più sofferenti, specie con figli minori – da 1.482 a 1.950 euro. Chi ha già un suo reddito, ma inferiore a quello di cittadinanza, avrà un’integrazione: ad esempio la pensione sociale di una persona single arriverà così a 780 euro.

I vostri calcoli parlano di circa 17 miliardi di euro necessari nel primo anno. Come fareste a reperire una cifra così alta?

Abbiamo dettagliato tutte le coperture. Faccio qualche esempio: si va dai tagli agli sprechi nella pubblica amministrazione, con l’unificazione delle centrali di spesa e l’imposizione dei costi standard, fino all’aumento delle tasse sui giochi e sulle concessioni di idrocarburi. E poi taglio dei finanziamenti ai partiti, delle pensioni d’oro, il divieto di cumulo per alcune pensioni. La misura non richiede lo stesso stanziamento anche negli anni successivi, come invece avviene per gli 80 euro di Renzi: perché sostenendo i redditi, rilanci i consumi e l’economia. Quindi via via le persone vengono inserite nel mondo del lavoro, aumenta il gettito fiscale e l’Iva. In Danimarca o in Olanda, dove il reddito minimo esiste da anni, gli stanziamenti oggi sono di entità molto più contenuta.

Questo reddito sarebbe in qualche modo legato al mondo del lavoro?

Sì, perché 15,5 miliardi vengono destinati al sostegno economico, mentre 1,4 miliardi vanno a rilanciare i servizi per l’impiego. Non si possono rifiutare più di tre offerte di lavoro, pena la revoca del sussidio. Nella proposta è prevista anche l’istituzione dello Smo, il Salario minimo orario, fissato in 9 euro lordi. Esiste anche in Germania e Francia, e non minaccia affatto la contrattazione nazionale, ma anzi offre uno zoccolo duro sotto cui non puoi scendere: il contratto, poi, aggiunge valore.

Ipotizziamo che andaste al governo in autunno: voi lo rinnovereste il contratto del pubblico impiego, fermo da sette anni?

Assolutamente sì: e anzi credo che se non si investisse in bonus, negli 80 euro ad esempio, si libererebbero risorse per aumenti reali, dove servono. Tra gli 80 euro e gli incentivi alle assunzioni spendiamo qualcosa come 22 miliardi l’anno: quindi esistono margini per altre politiche di investimento. Si potrebbero finanziare piani per le energie, per l’industria. E ripeto: tutte queste azioni, combinate insieme, rilanciano l’economia, quindi si abbassano le risorse necessarie per gli anni successivi.

Siete stati molto critici nei confronti del ddl povertà appena passato alla Camera (ieri per chi legge, ndr), e insieme alle opposizioni non lo avete votato. Non è intanto un primo passo su questi temi?

Un passo del tutto inadeguato, che dà poco a pochi e non risolve il problema alla radice. Noi abbiamo basato la nostra proposta sul rapporto Istat, che nel 2014 individua come potenziali beneficiarie ben 10 milioni di persone, ovvero 2 milioni e 759 mila famiglie. Di queste, solo 389 mila famiglie sono a reddito zero, e avrebbero così diritto al reddito di cittadinanza intero. A tutte le altre basterebbero delle integrazioni fino alla soglia. E parliamo, ad esempio, di 400 mila pensionati che vivono da soli, di 750 mila famiglie con figli minori, e di 250 mila famiglie monogenitoriali.