Maxisequestro ai danni di Nicola Cosentino e dei sui fratelli: ieri la Dda di Napoli ha chiuso i rubinetti a 142 distributori di carburante appartenenti alle società Aversana Petroli e Ip Service, riconducibili alla potente famiglia di Casal di Principe, 40 nel casertano, il resto tra Avellino, Benevento, Napoli, Reggio Calabria, Vibo Valentia, Crotone, Siena e Catanzaro. Un provvedimento che vale 120 milioni di euro, le attività lavorative proseguiranno per garantire il reddito dei dipendenti.
L’indagine, affidata al procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e ai sostituti Fabrizio Vanorio, Francesco Curcio e Antonello Ardituro, ha avuto inizio tra il 1998 e il 1999: i magistrati ipotizzano il reato di concorrenza illecita, estorsione e concussione finalizzati a estromettere la concorrenza favorendo l’attività dei Cosentino, con l’aggravante del metodo mafioso grazie all’amicizia con il clan dei Casalesi.

Ex sottosegretario all’Economia ed ex coordinatore del Pdl in Campania, Nicola Cosentino è ritornato in carcere lo scorso 3 aprile, questa volta per gli affari di famiglia. I suoi legali contrattaccano: «Mai posseduto quote né ricoperto cariche, né beneficiato degli utili». Misure restrittive furono emesse ad aprile per altre 12 persone. A cominciare dai fratelli di Nicola, Giovanni e Antonio (il primo è in carcere, il secondo ai domiciliari), nei guai anche l’ex prefetto di Caserta Maria Elena Stasi. Secondo il procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo, tra i Cosentino e le fazioni Russo e Schiavone dei Casalesi «c’era un sorta di rapporto di mutua utilità». Gli indagati, in concorso con dirigenti pubblici, funzionari regionali e del comune di Casal di Principe, si sarebbero assicurati il rilascio di permessi e licenze per la realizzazione di impianti anche in presenza di oggettivi ostacoli. «La presenza di fatto di Nicola Cosentino nella compagine societaria – spiega Francesco Curcio -, pur non figurando come socio, poteva condizionare pubbliche amministrazioni che giocano un ruolo fondamentale nel rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni, anche in virtù di alcune complicità con l’ex prefetto Stasi».

Nicola Cosentino sta affrontando altri due processi presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il più difficile è «L’Eco4», cioè l’inchiesta sul consorzio dei rifiuti Caserta4 infiltrato dai Casalesi: secondo i pentiti avrebbe avuto il ruolo di «dominus» nell’affare durante gli anni dell’emergenza in Campania. Nel secondo («Il Principe e la scheda ballerina») è imputato per reimpiego di capitali illeciti aggravato dall’aver agevolato i Casalesi. L’ex sottosegretario finì in carcere (per otto mesi) la prima volta il 15 marzo 2013, giorno in cui si insediò il parlamento dopo le elezioni politiche e Nicola Cosentino perse l’immunità: Silvio Berlusconi si era rifiutato di ricandidarlo.

Questa volta i pm hanno colpito direttamente al portafoglio. Il capostipite dell’impero è il padre, Silvio Cosentino, la madre è Olga Schiavone, zia di Francesco che diventerà il boss Sandokan. Avranno sei figli: Mario sposa Mirella Russo, sorella del boss Giuseppe Russo (detto Peppe o’ Padrino), Aurelio convola con Giuseppina Diana (il padre è tra gli arrestati dell’operazione Spartakus2), Giovanni con Maria Diana, figlia del boss Costantino Diana.

Negli anni ’50 comincia l’ascesa gestendo il monopolio dei carburanti per autotrazione. Dagli anni ’90 si espandono aggiungendo le pompe di benzina per veicoli privati. Il sistema di Casale offre tutto, incluso le imprese di trasporti e la vendita di combustibile, sia per l’affare rifiuti che per la distribuzione dei prodotti agricoli, che per l’edilizia. A Nicola il ruolo di far crescere l’impero grazie alla politica: una carriera cominciata con il Psdi e decollata con Forza Italia.