Un’altra giornata estenuante sulla questione greca, conclusasi con l’ennesimo – il nono – Eurogruppo dell’«ultima speranza», ieri sera, a ridosso del Consiglio europeo di oggi e domani. Due programmi a confronto, contro-progetto greco e contro-contro progetto dei creditori, respinti da entrambi i contendenti, anche se le cifre ormai non sono così distanti.

Il governo Tsipras è messo al muro per accettare la logica del proseguimento dell’austerità, «riforme contro soldi freschi», che ha difficoltà a passare in patria. La proposta arriva a pochi giorni dalla doppia scadenza del 30 giugno, rimborso di 1,6 miliardi al Fmi e fine del secondo piano di «aiuti», già rimandato due volte, che, in mancanza di intesa, vedrà l’evaporazione dei residui 7,2 miliardi da versare ad Atene, indispensabili non per una soluzione duratura, ma per sopravvivere qualche settimana ed evitare il Grexit. I creditori hanno usato tutte le armi: fomentando il rischio di un bank run (5 miliardi ritirati in pochi giorni) e la carta del degrado, reale, dell’economia greca, estenuata, per far piegare Atene. E giocano anche sull’ipotesi di un cambio di maggioranza: ieri il commissario Pierre Moscovici ha incontrato Theodorakis, leader di To Potami, partito di centro greco, ruota di scorta possibile per una nuova maggioranza.

Tsipras ha fatto proposte dolorose, ma chiede semplicemente che l’accordo contenga un punto di buon senso: vista l’insostenibilità del debito greco, ci vuole un impegno sulla ristrutturazione. Del resto, questa ristrutturazione era stata promessa nel 2012, legata al raggiungimento di un avanzo primario (prima del servizio del debito) del bilancio greco. Questa clausola è stata rispettata da Atene nel 2013, con 1,5 miliardi di avanzo. Ma i creditori non hanno rispettato allora la parola data. E non lo fanno neppure adesso. Anche se Michel Sapin, ministro dell’economia francese, ammette: «la questione del peso del debito dovrà essere affrontata». Tsipras ha passato la giornata a Bruxelles. Ha incontrato Jean-Claude Juncker (Commissione), Mario Draghi (Bce), Christine Lagarde (Fmi), Dijsselblome (Eurogruppo), Regling (Mes).

Il primo ministro greco ha denunciato «l’insistenza di certe istituzioni che non accettano le misure compensatorie» presentate da Atene per ottemperare ai diktat dei creditori, «come non era mai accaduto prima né per l’Irlanda né per il Portogallo». Una carica in particolare contro il Fmi, che ha prestato 32 miliardi (a scadenza breve, 10 anni) e che vuole assicurarsi i rimborsi. Per Tsipras, «questo atteggiamento può voler dire due cose: o non vogliono un accordo o sono al servizio di interessi specifici in Grecia». Ma il Fmi è il solo creditore a non essere contrario a una ristrutturazione del debito (che nei fatti non lo toccherebbe). Sono gli europei, che hanno crediti, tra istituzioni e bilaterali, intorno ai 300 miliardi, ad essere reticenti sulla ristrutturazione, a questo stadio.

La Grecia ha presentato il suo ultimo sforzo: 8 miliardi di tagli in due anni, pari al 4,4% del Pil, con un rialzo dell’Iva, dei contributi e delle tasse alle imprese. Uno studio della Deutsche Bank prevede un effetto negativo fino a 3 punti del pil. Ma Tsipras spera che questa offerta, sbloccando il negoziato, permetta una ripresa e che arrivino gli investimenti europei promessi dal piano Juncker (35 miliardi), oltre all’accesso al Quantitative easing della Bce. Per il momento, la Grecia vive grazie al tubo di ossigeno concesso dalla Bce, che ancora ieri, per il quinto giorno negli ultimi otto, ha alzato l’Ela, la liquidità di emergenza, ultimo rubinetto rimasto aperto dopo la chiusura di tutti gli altri. Ma i creditori chiedono di più, una correzione dei conti pubblici dell’1,5% quest’anno e del 2,9% il prossimo: il «contro-contro-piano» pretende riduzioni di esenzioni Iva, che dovrebbe venire unificata al 23% (con il 13% solo per cibo, energia, acqua e hotel, ma senza sconto per le isole, e al 6% per prodotti farmaceutici, libri e teatri), l’abolizione dei sussidi, l’aumento delle tasse di proprietà e sul lusso, ancora tagli alla spesa sanitaria e al residuo welfare, una riforma delle pensioni più drastica, una griglia dei salari della pubblica amministrazione fiscalmente neutra, oltre a una nuova legge contro l’evasione e una semplificazione burocratica. I creditori chiedono un avanzo primario in crescita: 1% quest’anno, ma 2% il prossimo e via a seguire, fino al 3,5% nel 2018. «Esigenze assurde e inaccettabili» per Tsipras, visto che la Grecia è in deflazione. Tsipras chiede investimenti per il rilancio economico.

La soluzione, se ci sarà, sarà politica. Ma Renzi ha messo in guardia Atene: «i greci devono sapere che esistono forti pressioni da parte di opinioni pubbliche di alcuni paesi a usare questa finestra per chiudere i conti con la Grecia». E «non si tratta soltanto dei paesi di più antica frequentazione dei tavoli europei», la Germania, «ma anche di quelli entrati dopo». Per Renzi «lo sforzo deve essere reciproco».