«La violenza domestica non è una questione privata, è un problema sociale di cui una municipalitá deve farsi carico». Cosí dice Cecil Noel, a capo dell’ ufficio Combact domestic violence della cittá di New York, istituzione particolarmente cara al sindaco De Blasio e dove è molto attiva la first lady di questa cittá, Chirlane. «Questa amministrazione negli ultimi due anni ha fatto un lavoro incredibile nella lotta contro gli abusi domestici, ma il nostro è un lavoro che va avanti da decenni – continua Noel – Questo ufficio è quello che coordina tutte le iniziative per combattere la violenza domestica, perché non esiste un unico magico elemento che risolve tutto, di tanti ingranaggi che lavorano insieme, per questo abbiamo creato il Family Justice Center.

I Centri di Giustizia Familiare sono un programma dell’ufficio del sindaco, forniscono tutti i servizi necessari in una situazione di violenza domestica: assistenza legale, psicologica, economica, tutto in un unico luogo.Quando arrivano al centro, le vittime possono incontrare un avvocato, parlare con un consulente, richiedere un alloggio e l’assistenza finanziaria; ogni FJC ha una camera dove i bambini possono giocare in uno spazio sicuro e controllato, mentre il genitore riceve l’aiuto necessario. A gestire i centri ci sono 30 organizzazioni comunitarie il cui personale parla collettivamente più di 30 lingue e c’è un servizio di traduzione telefonico in oltre 150 lingue”.

Questi centri sono gratuiti ed agiscono indipendentemente dagli orientamenti sessuali o dalla situazione migratoria della vittima, ed il fatto di essere polivalenti è uno degli aspetto fondamentali.

Una delle principali componenti della violenza è l’isolamento in cui vengono tenute le vittime, è necessario costruire luoghi sicuri che diventano cinture di protezione, senza dover cercare aiuti diversi in giro per la città: le vittime lì trovano tutto ciò di cui hanno bisogno, inclusa l’assistenza psicologica che è importantissima. Nel Bronx forniscono anche assistenza psichiatrica e verrà estesa anche alle altre zone.

Ma come si va alla radice, all’origine del problema?

La prevenzione: organizziamo quella che si chiama ’Accademia delle Relazioni Sane’, con corsi nelle scuole per insegnare a riconoscere i sintomi di una relazione tossica e il rispetto di sé, in modo che non si diventi vittime o abuser. È importante, ad esempio imparare che la gelosia furiosa non è amore. Ci concentriamo anche molto su gli abuser, c’è un Abuser Intervention Program, ci stiamo lavorando perché le vittime poi vanno avanti mentre gli abuser restano nella stessa veste mentale; bisogna lavorare su di loro, è l’unico modo per venirne fuori. Inoltre c’è bisogno della collaborazione di tutti, è un tema percepito come un affare privato, invece il messaggio deve essere che se fare del male a qualcuno per strada non è tollerato, non deve esserlo dentro casa, è un crimine.

In quest ottica bisogna guardare all’Order of Protection, uno degli strumenti chiave di questo sistema.

Esiste un tribunale della famiglia, il Family Court. Si racconta la propria storia e a quel punto viene dato un OP temporaneo. Ce ne sono di tanti tipi, come ad esempio impedire all’abuser di avvicinarsi a meno di una certa distanza. Poi vittima e abuser dovranno presentarsi davanti alla corte e dare la propria versione e il giudice decide che tipo di OP assegnare. Se l’abuser lo rispetta non ci sono conseguenze penali, se lo viola va in galera.

Che importanza ha la polizia in questo sistema?

È fondamentale avere un corpo di polizia specializzato e preparato, sono la prima linea, se non hanno una preparazione adeguata è un danno enorme. Noi facciamo loro la formazione, sono i nostri partner siamo alleati nel compito di salvare le vittime e dare consapevolezza agli abuser che ciò che stanno facendo è un crimine.