Il giorno dopo la vittoria del no non si è avverata nessuna delle previsioni catastrofiche del fronte del sì. Anzi, forse per effetto del calo della tensione anche le code ai bancomat apparivano molto più ridotte e in qualche caso inesistenti. Le banche rimarranno chiuse di sicuro fino a mercoledì, il limite di 60 euro ai prelievi è stato esteso a venerdì prossimo e pure i trasporti pubblici, funzionanti in maniera invidiabile, rimarranno gratuiti in attesa che si capisca se il tavolo della trattativa si riapra e in che modo. I prossimi due giorni saranno decisivi, ma in ogni caso la Grecia non si metterà fuori dall’Europa, mettendo in casi estremi quest’ultima di fronte a uno scenario inedito: quello di un default dentro l’euro.

Già nella notte, mentre la popolazione festeggiava per le strade di Atene, con una velocità inconcepibile in Italia arrivavano sul tavolo del governo la geografia del voto. Il no ha vinto ovunque in Grecia, persino in zone tradizionalmente di destra. A far decollare i consensi sono stati i giovanissimi, quella fascia di elettori tra i 18 e i 25 anni che non era chiaro come si sarebbe espressa (a differenza della fascia tra 25 e 55 anni, considerata lo zoccolo duro dell’elettorato di Syriza). Secondo gli analisti, il 70 per cento dei votanti più giovani (tra i quali più di 300 mila diciottenni che a gennaio non avevano ancora l’età per votare) si è espresso per il no. Viceversa, il ventre molle è rappresentato dagli elettori sopra i 55 anni: solo il 37 per cento avrebbe votato contro il piano. Probabilmente ha giocato un ruolo fondamentale il timore di veder svanire piccoli conti in banca e di sicuro ha giocato un ruolo fondamentale il bombardamento mediatico a favore del sì, che invece non ha avuto alcuna presa sui più giovani e sulle fasce popolari.

Altra piccola sorpresa: il no ha vinto con percentuali più alte in provincia che ad Atene, dove invece Syriza (un partito dalla forte connotazione urbana) è più forte. Effetto di una polarizzazione che è stata molto più marcata nella capitale che nel resto della Grecia, dove non ci sono state manifestazioni di piazza né la campagna del sì è stata visibile. Il voto nei quartieri evidenzia anche una divisione di classe: a votare sì sono stati i quartieri-bene della capitale, quelli che non sono stati sfiorati dalla crisi (e in qualche caso ci hanno guadagnato), mentre il no è andato forte nei quartieri popolari e tra le fasce di popolazione più devastate dalle misure di austerità.

Quella che emerge è una divisione generazionale ed economica: in Grecia è cresciuta una generazione che non ascolta la vecchia politica ed è disposta a giocarsi il tutto per tutto, non avendo molto da perdere, e lo stesso discorso vale per chi è stato travolto dalla crisi e dalle misure di austerità. Il fronte del sì non è invece riuscito a mobilitare neppure gli elettori tradizionali della destra, tranne che ad Atene (in provincia, infatti, l’astensionismo è stato più alto). Un fallimento su tutta la linea della strategia politica della paura, con alcuni errori decisivi, il più importante dei quali è stato quello di aver fatto comparire in televisione personaggi ormai privi di ogni credibilità (e infatti l’ex premier Antonis Samaras ha immediatamente rassegnato le dimissioni da segretario di Nea Democratia).

Hanno contribuito ad affossare il sì, probabilmente, anche le ingerenze esterne, su tutte quelle di Angela Merkel e Jean Claude Juncker, principali responsabili politici della disfatta europea (e infatti la dicevano lunga, ieri mattina, le impietose immagini della leader tedesca all’arrivo a Parigi e il silenzio del presidente della Commissione europea). Ma anche per i media greci non è stata una pagina felice: ieri la magistratura ha aperto un’inchiesta per capire se e come abbiano provato a condizionare il voto. Il loro problema è che non ci sono riusciti.