Il 4 dicembre saremo chiamate/i a decidere se confermare le modifiche alla Costituzione volute dal governo di Matteo Renzi: una scelta che ci riguarda direttamente anche come persone gay, lesbiche, bisessuali, transessuali/transgender, intersessuali e queer. Quando è in gioco l’assetto delle istituzioni politiche, significa che lo è la natura stessa della democrazia. E quando è in gioco la natura della democrazia, lo è anche la nostra possibilità di autodeterminazione.
La revisione costituzionale è, a nostro giudizio, da rifiutare. Insieme all’Italicum disegna un modello di democrazia molto meno «aperto alle differenze» di come non sia quello della Costituzione del ’48. Legge elettorale e modifica della Carta sono sono nate insieme e sono funzionali l’una all’altra. La filosofia che le ispira è quella del decisionismo e della governabilità, concezioni che esprimono l’idea del comando di un capo e di un gruppo omogeneo. Si tratta di «valori» solo per chi considera pluralismo e opposizioni come ostacoli da eliminare.

Lasciamo alle voci dei più autorevoli giuristi le analisi dettagliate sull’illegittimità dell’Italicum e sulla pessima qualità della revisione della Costituzione. A noi interessa misurare i cambiamenti con il metro dei nostri vissuti e delle nostre esperienze nei movimenti lgbtq: ciò che negli anni si è faticosamente costruito è frutto dell’iniziativa di minoranze che «disturbavano il manovratore». I cambiamenti legali favorevoli alle persone lgbtq si sono avuti quando elaborazione culturale, pressione sociale e decisioni giudiziarie hanno reso insostenibile la posizione di chi voleva mantenere lo status quo di assoluta assenza di diritti. Le conquiste sono sempre state nonostante il potere, mai grazie ad esso.

È bene chiarire che se l’Italicum venisse modificato non potremmo che rallegrarcene, ma nulla cambierebbe nella scelta referendaria. La nuova Costituzione non abolisce il Senato, ma ne crea uno non elettivo, che sarà espressione delle maggioranze delle singole regioni, dunque assai poco rappresentativo. Privato del potere di dare fiducia al governo, il Senato acquisisce però il diritto di designare due giudici della Corte costituzionale, che potrebbero facilmente essere espressione solo della maggioranza politica. E noi sappiamo, sulla nostra pelle, quanto sia importante – nel bene o nel male – il ruolo dei giudici delle leggi. Anche le nuove modalità di elezione del presidente della Repubblica non sono tranquillizzanti. Il governo, poi, avrebbe più potere di imporre la propria agenda al Parlamento, rischio che preferiamo non correre: non abbiamo mai conosciuto esecutivi realmente «amici» delle istanze del movimento lgbtq.

I cambiamenti voluti dal governo di Renzi piacciono alle élite economiche e finanziarie che vogliono velocità di comando e assenza di conflitto. Per chi crede nella partecipazione, nella politica come pratica di relazioni e non come delega all’uomo della provvidenza, nello stretto legame fra diritti civili, politici e sociali, per chi crede nella politica che è scritta nella storia dei movimenti lgbtq, dunque, non vi possono essere molti dubbi: al referendum bisogna votare No!

Maurice glbtq, Torino – Circolo Pink, Verona – Pianeta Viola, Brescia – MIT Movimento Italiano Transessuali