Agiscono d’intesa o fra loro c’è disaccordo? Questa è la domanda che circola sempre sul conto della cancelliera tedesca Merkel e del suo ministro delle finanze Schäuble. A parlare esplicitamente di un dissenso sulla linea da tenere nella crisi greca è stata ieri la Bild, il tabloid più letto in Germania, sempre più scatenato nella sua campagna contro il governo di Atene: Schäuble sosterrebbe la posizione di chiusura totale nei confronti dell’esecutivo di Tsipras, mentre Merkel sarebbe favorevole a un accordo sulla base delle proposte presentate all’Eurogruppo.
Le smentite ufficiali non si sono fatte attendere: dal dicastero delle finanze un portavoce assicurava ieri che ministro e cancelliera concordano su tutto. Anche Merkel, quindi, condividerebbe la proposta di una Grexit temporanea avanzata da Schäuble a Bruxelles. Potrebbe addirittura essere, l’ipotesi del Finanzminister, proprio una mediazione fra i due: né l’uscita definitiva e irreversibile di Atene dalla moneta unica che forse sogna il ministro, né la permanenza in ogni caso che la cancelliera ha sempre pubblicamente difeso.
In questa partita ogni capo di governo gioca badando agli equilibri in casa propria. E quando si parla di Merkel e della Germania, questo vale ancora di più: dallo scoppio della crisi, la leader dell’Unione democristiana (Cdu) misura ogni suo passo sulla base delle ripercussioni interne. E queste sono giornate non facili. La Bild non fa che soffiare sul fuoco, usando toni sempre più grevi: il piano con cui Tsipras chiede il finanziamento del «fondo salva-stati» Esm (Meccanismo europeo di stabilità, nella sigla in inglese) è una «Verarsche», cioè una «presa per il culo» (sic), e la sua eventuale accettazione rappresenterebbe «una sconfitta per la Germania».
Con più eleganza lo stesso messaggio all’indirizzo del governo è recapitato dall’influente economista Hans-Werner Sinn, direttore dell’istituto Ifo: «Le proposte di Tsipras non hanno niente a che vedere con i necessari risparmi». Anche la Frankfurter Allgemeine (Faz), voce dell’élite liberal-conservatrice, continua nell’opera di contrasto dell’operato dell’esecutivo di Atene: «Non è possibile fidarsi del governo greco», era il succo del commento pubblicato ieri a firma di Werner Mussler. Non solo: la stessa testata ha «rivelato» ieri che, secondo informazioni in suo possesso, il fabbisogno di aiuti da parte della Grecia sarebbe più alto dei 53 miliardi che Atene ha chiesto al fondo Esm – guidato da un tedesco, Klaus Regling.
Sul versante politico, il ministro delle finanze bavarese Markus Söder (della Csu, partito-fratello della Cdu) non lascia passare giorno senza mostrarsi più duro del ministro federale, e nel gruppo parlamentare democristiano c’è maretta: un ipotetico terzo «pacchetto di aiuti» per la Grecia in questo momento non è molto popolare fra i banchi del partito di maggioranza relativa. Disponibili a sostenerlo i socialdemocratici della Spd, ma solo a una condizione: «Siamo pronti a votare a favore se ci saranno stretti controlli sull’implementazione delle misure annunciate», ha dichiarato ieri il capogruppo al Bundestag Thomas Oppermann, esponente dell’ala più centrista del partito. Tradotto: devono tornare in pista i funzionari della trojka a «commissariare» l’esecutivo di Atene.
A spingere sulle posizioni anti-greche c’è ovviamente Alternative für Deutschland (Afd), gli ultra-conservatori anti-euro. Il movimento in questi giorni sta attraversando la sua prima grave crisi interna: il fondatore Bernd Lucke è stato scalzato dal ruolo di leader dalla nuova segretaria Frauke Petry, collocata ancora più a destra. Se Lucke rappresenta l’anima degli ex democristiani ultraliberisti, Petry incarna quella nazional-conservatrice, più vicina alla tradizionale estrema destra. Lo scontro interno è stato molto duro, e c’è chi è pronto a scommettere che lo spodestato Lucke stia pensando di fondare un nuovo partito.