Sono in possesso di una laurea e ho esercitato per vari anni, in società con Oliver Tambo, la professione di avvocato. Sono un prigioniero condannato a cinque anni di reclusione per essere uscito dal paese senza un permesso e per aver incitato la gente a scioperare alla fine del maggio 1961. (…) Non nego, comunque, di aver programmato azioni di sabotaggio. Non le ho programmate per avventatezza o perché amo la violenza. Le ho programmate a seguito di una valutazione serena e pacata della situazione politica venutasi a creare dopo molti anni di tirannia, di sfruttamento e di oppressione della mia gente da parte dei bianchi.

Ammetto subito che sono stato una delle persone che ha contribuito a formare l’Umkonto we Sizwe e che, fino al mio arresto nell’agosto 1962, ho svolto un ruolo di primo piano nelle sue attività.
(…) La mancanza di dignità umana sperimentata dagli africani è un risultato diretto della politica della supremazia dei bianchi. Essa implica l’inferiorità dei neri. La legislazione designata a mantenere la supremazia dei bianchi rafforza questa nozione. I lavori umili in Sud Africa sono, invariabilmente, svolti da africani.
(…) Gli africani vogliono percepire un salario che permetta loro di vivere. Gli africani vogliono fare il lavoro che sono capaci di fare e non un lavoro che il governo dichiara che sono capaci di fare. Gli africani vogliono avere la possibilità di vivere dove trovano un lavoro e non essere cacciati da un’area perché non ci sono nati. Gli africani vogliono avere la possibilità di possedere la terra nei luoghi dove lavorano, e non essere obbligati a vivere in case prese in affitto che non potranno mai sentire proprie. Gli africani vogliono fare parte della popolazione generale e non essere confinati a vivere nei ghetti.
Gli uomini africani vogliono che le mogli e i figli vivano con loro dove lavorano, e non essere costretti a condurre un’esistenza innaturale negli ostelli per soli uomini. Le donne africane vogliono stare coi loro uomini e non essere lasciate permanentemente in uno stato di vedovanza nelle riserve. Gli africani vogliono poter uscire dopo le undici di sera e non essere confinati nelle loro stanze come se fossero dei bambini. Gli africani vogliono avere la possibilità di viaggiare nel proprio paese e cercare lavoro dove vogliono e non dove dice loro di andare l’ufficio del lavoro. Gli africani vogliono la loro giusta parte di tutto il Sud Africa; vogliono la sicurezza e un ruolo nella società.
Oltre a tutto ciò, vogliono pari diritti politici, perché senza di essi le nostre menomazioni saranno permanenti. So che ai bianchi di questo paese ciò sembra rivoluzionario, perché la maggior parte degli elettori sarà africana. Ciò fa sì che i bianchi abbiano paura della democrazia. Ma non può essere consentito che questa paura blocchi la strada all’unica soluzione che garantisce l’armonia tra le razze e la libertà per tutti. Non è vero che la concessione a tutti del diritto di voto porterà a una dominazione razziale. La divisione politica basata sul colore è totalmente artificiale e, quando scomparirà, scomparirà anche la dominazione di un gruppo di un colore su un altro. L’Anc ha speso mezzo secolo a combattere contro il razzismo. Quando trionferà non cambierà questa politica.
È quindi questo, ciò per cui combatte l’Anc. La sua lotta è realmente nazionale. È una lotta del popolo africano, che trae ispirazione dalle sue sofferenze ed esperienze. È una lotta per il diritto di vivere. Nel corso della mia vita mi sono dedicato a questa lotta del popolo africano. Ho combattuto contro la dominazione bianca e ho combattuto contro la dominazione nera. Ho accarezzato l’ideale di una società democratica e libera in cui tutte le persone vivano insieme in armonia e con pari opportunità.
È un ideale per il quale spero di vivere e che spero di raggiungere. Ma, se sarà necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire.

Il testo pubblicato qui è tratto dal discorso tenuto da Nelson Mandela il 20 aprile del 1964 durante il «processo di Rivonia», nel quale il leader sudafricano, accusato per il passaggio alla lotta armata dell’Umkhonto we Sizwe, sfidò il potere boero. Il discorso integrale, con la prefazione dell’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, al rapporto della Commissione per la verità e la riconciliazione, è stato appena pubblicato da manifestolibri («La violenza e la legge», pagg.99).