La 65ª edizione del «Lindau Nobel Laureate Meeting», la riunione annuale dei premi Nobel che si tiene nell’isola di Lindau, sul lago di Costanza (Germania), si è chiusa quest’anno con un nuovo impegno che hanno sottoscritto 36 premi Nobel da tutto il mondo sul cambiamento climatico.

A sessant’anni dall’ultima analoga dichiarazione sull’uso delle armi nucleari, quest’anno i premiati, che tradizionalmente chiudono il convegno trasferendosi dall’isola di Lindau all’isola di Mainau (di proprietà di una contessa che sponsorizza l’evento), hanno deciso di celebrare l’anniversario della Dichiarazione di Lindau con un nuovo impegno su scala globale.

Il tema scelto è stato, non a caso, quello del cambiamento climatico. Non si tratta solo di un tema preoccupante (il rischio, ricordano, è che la temperatura della terra aumenti di 2 gradi entro la fine del secolo, e «la nostra sempre crescente domanda di cibo, acqua ed energia presto supererà la capacità della terra di poter soddisfare le necessità umane, e porterà a una completa catastrofe per tutta l’umanità»). È anche il momento giusto per farlo. Dopo l’enciclica papale, e il solenne impegno della Cina a ridurre le emissioni contaminanti e a utilizzare una percentuale sempre maggiore di energia rinnovabile, il prossimo appuntamento perché i paesi del mondo si impegnino con misure ed obiettivi concreti ad abbassare il livello delle emissioni di gas che ad effetto serra è la Conferenza sul Cambiamento Climatico che si terrà a Parigi a dicembre.

Quella del cambiamento climatico, scrivono i 36 firmanti, è «una minaccia» di «importanza confrontabile» a quella di 60 anni fa che portò prima 18 premi Nobel dell’epoca, e poi altri 52, a sottoscrivere un appello alla riduzione delle armi nucleari.

«Benché rimanga dell’incertezza sull’esatta quantificazione del cambiamento climatico, le conclusioni della comunità scientifica contenute nell’ultimo rapporto dell’Ipcc (Gruppo internazionale sul cambiamento climatico, dalla sigla in inglese, ndr) sono allarmanti». Ed è per questo che i premi Nobel sostengono che «le nazioni del mondo devono cogliere l’opportunità» di «prendere decisioni fondamentali per limitare le emissioni globali future.

Questa impresa», concludono, «richiederà la collaborazione di tutte le nazioni, sviluppate o in via di sviluppo, e deve essere sostenuta da una valutazione scientifica aggiornata».
Fra i firmatari e promotori il super attivo Steven Chu, premio Nobel per la fisica nel 1997 ed ex ministro per l’energia nella prima amministrazione Obama, che continua a fare ricerca di punta e che in una conferenza stampa precedente alla firma si dichiara «sempre più preoccupato» per il tema del cambiamento climatico. «Forse non possiamo ancora stabilire con esattezza», spiega «se c’è il 30, 40 o 50% delle probabilità che la temperatura aumenti ancora. Però se ci dicessero che abbiamo anche solo 20% delle possibilità che la nostra casa fosse distrutta in un incendio, non ci assicureremmo?».

Durante la settimana di conferenze su chimica, fisica e medicina, per la verità, ce n’è stata una che stonava un po’ con il messaggio finale: quella del controverso fisico norvegese Ivar Giaever (Nobel nel 1973) che ormai da anni cavalca una battaglia negazionista. La sua conferenza, molto criticata dai presenti, si basava secondo i critici su dati imprecisi tratti da internet.

Un altro dei promotori del documento, l’astrofisico Brian Schmidt (Nobel per la fisica nel 2006), ha riconosciuto davanti ai più di 700 giovani ricercatori da 88 paesi del mondo che hanno seguito i lavori della conferenza che fra i premi Nobel «c’è una persona che non è d’accordo, e alcune che non hanno firmato perché non si sentivano sufficientemente informati sul tema», come ha spiegato. I Nobel presenti per il convegno di quest’anno erano in totale 65 (fra cui solo tre donne).

Tuttavia, sostiene l’astrofisico, la «rispettabile opinione di una persona non modifica il consenso della comunità scientifica che va in un’altra direzione». Un’altro dei promotori del documento, Peter Doherty (Nobel per la medicina nel 1996), ricorda che «tutti noi siamo scettici, per questo ci hanno dato un premio Nobel. Ma c’è una differenza fra un approccio critico e il negazionismo».