Il fumetto c’è (Panini) ma questo vale per tutti i supereroi, anche se per quello protagonista del film di Gabriele Salvatores si è seguito un modello un po’ diverso. Film e fumetto ( c’è anche un libro, uscito per Salani in cui si amplificano alcuni aspetti dei personaggi nel film) fanno parte di un progetto multimediale dove il fumetto è una sorta di prequel al film. Soprattutto però Salvatores agli effetti speciali ha prediletto una dimensione fantasy intrecciata al romanzo di formazione, anche se a pensarci bene questo, in fondo, vale un po’ per tutti i supereroi, almeno quelli che sfrecciano nei cieli dell’immaginario sul confine con l’adolescenza. Se pensiamo all’inizio del geniale I guardiani della galassia – diretto da James Gunn – l’essere prelevato da un’astronave per poi crescere nello spazio dei cieli e dei pianeti lontanissimi dalla terra è per il protagonista una sorta di antidoto al dolore più grande che qualsiasi bambino potrà mai provare: la morte della mamma. E, difatti, una volta cresciuto l’eroe continua a portare con sé la vecchia cassetta audio che la madre gli ha regalato prima di morire.

Lo stesso accade a Michele, il protagonista del film di Salvatores. Ragazzino timido, silenzioso, vessato dai bulli della scuola, innamorato della bambina bionda con lo sguardo un po’ obliquo, arrivata chissà da dove che non lo degna di uno sguardo. Nella stanza di adolescente, a cui vieta l’accesso alla mamma poliziotta (Golino) e alla saggia figlietta della cameriera, sogna una rivincita su tutto. Così per la festa di Halloween sceglie un costume da supereroee, ne trova uno cinese, che sembra sfigato e invece rivela poteri inaspettati: tutto quello che Michele cercava per non essere sopraffatto dal mondo, diventare invisibile.

Perché poi come l’insicurezza anche la mutazione è materia adolescenziale, quel corpo che sfugge alle abitudini dell’infanzia velocemente rivelando desideri sconosciuti. Cosa di meglio, allora, che essere invisibili, guardare il mondo senza essere visti, sparire alle proprie insicurezze, fantasticando su realtà lontane, origini misteriose? Lui Michele si scopre adottato, figlio di genitori condannati dai loro superpoteri.
Tutto questo, che è già molto, Salvatores lo porta in un quotidiano italiano, una provincia senza grattacieli, in cui i ragazzini cercano un’impossibile alleanza tra loro. E questa è anche la parte che riesce meglio del film, quella che appare la più affine allo sguardo di Salvatores, regista che anche nei suoi film più fantascientifici – come Nirvana – alla tecnologia ha prediletto la dimensione intima dei personaggi.

A partire da qui, dai ragazzini appunto, il film, che poteva diventare una bella scommessa, rimane invece intrappolato nella sceneggiatura da «manuale» del cinema italiano -di Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo, Alessandro Fabbri – dove tutto-ma-proprio-tutto deve tornare e non solo per rispondere alle «regole» della serialità richieste dal genere. Tutto torna ovviamente nei Guardiani della galassia, ma in modo fluido, compresa la consapevolezza di una seconda serie già pronta, e il mix irriverente di citazioni. Anche Il ragazzo invisibile annuncia un sequel – ma, ripeto, fa parte del gioco – solo che nel loro svolgersi le situazioni vengono destituite di ogni credibilità fantastica. La narrazione procede per affastellamento, a una cosa segue l’altra fino a che, a un certo punto, si rischia di perdersi nei meandri (che fanno un po’ fiction italiana)di complotti, esotismi, disastri nucleari, sopravvissuti, cattivissimi russi, amanti in fuga, bambini abbandonati, un padre cieco che sbuca al momento opportuno e congela la memoria collettiva, più citazioni varie a cominciare da Lasciami entrare.

So potrebbe aprire una digressione infinita sulla sceneggiatura nel nostro cinema, che forse meriterebbe maggiore cura e diversificazione. Il problema è che la regia di Salvatores non sembra mai andarci contro, forse non può o non vuole, e così si ritaglia qualche interstizio, appunto, nel rapporto coi personaggi dei ragazzini, nella sfida dell’adolescenza, e in quel suo desiderio di un altrove che in fondo appartiene a tutti, ai ragazzini di più. E in un sentimento affettuoso con cui guida il suo protagonista, il Michele (Ludovico Girardello) verso la sua entrata nella vita in cui forse qualche superpotere è necessario, perché crescere fa sempre anche male. Con o senza costume.