L’autocritica di Renzi con la quale si è aperta l’assemblea del Pd, ed il seguente dibattito, ha generato diverse analisi sullo stile comunicativo dell’ex presidente del consiglio, sulle sue citazioni e le tattiche politiche, ma nessuna sulla filosofia che informa sia l’una sia le altre. E allora proviamo a riempire questo vuoto culturale, anche perché, almeno una volta, si diceva che la politica derivasse da una visione del Mondo, dunque da una filosofia appunto. E proprio da questo mancato nesso che dobbiamo partire, per ribadire in pieno la postmodernità renziana, condivisa peraltro con altri leader della sua generazione. Renzi è subalterno, come quasi tutti d’altra parte, all’economia, o meglio alla finanza. Il Regno della Quantità, come René Guénon definisce la nostra epoca, è strutturato sui dati quantitativi appunto, cioè sulla perdita progressiva della qualità, in altre parole su ciò che unisce in profondità tra loro le varie forme della Manifestazione vitale.

Da questo si comprende, tra le altre cose, la persistente insensibilità ai temi ambientali, o a quelli della cultura intesa come spirito critico e non solo preparazione meccanica ad entrare in un ciclo produttivo. Ma questo significa che Renzi non ha una filosofia di riferimento? No, al contrario, anche se probabilmente non lo sa, il segretario ha antenati illustri, che dominavano, non a caso, il pensiero politico filosofico dell’antica Grecia: i sofisti. Sino all’avvento di questa corrente di pensiero il mondo antico era dominato dalla ricerca del Principio Unico ed unificatore; gli eleati, Parmenide, raccomandava di penetrare dal sensibile alle verità immutabili. Eraclito di Efeso sosteneva che la «trama nascosta è più forte di quella manifesta», volendo così suggerire una linea di ricerca che evidenziasse la struttura connettiva della realtà oltre le apparenze. Ma questa ricerca essenziale, che aveva tanto contribuito alla nascita del pensiero Occidentale, subisce una brusca frenata, o meglio una torsione, con l’avvento dei sofisti.

Gorgia di Lentini sostenne che nulla è, e se è, non è conoscibile, e se lo fosse sarebbe incomunicabile: più “postverità” di così! Protagora di Abdera comincia invece col sostenere che è l’uomo la misura di tutte le cose, vero principio che ci porta immediatamente verso la nostra contemporaneità desacralizzata, ma anche depoliticizzata, almeno se intendiamo la politica come arte della mediazione tra un ideale ed un reale. Ma, ancora più interessante, ed attuale, è il fatto che la prima sofistica, nata nelle città democratiche, proprio per la sua genesi totalmente volta al contingente, ne sostenne la forma; come pure quella successiva, nata in tempo di tirannide ed oligarchie; conclusione: ogni relativismo deve ricondursi per forza alla forma di potere vigente e giustificarlo.

Il sofista rinuncia dunque alla ricerca dell’ideale e si rifugia nella retorica, nella spiegazione dello status quo ma, soprattutto, rifugge la parte irrazionale che comunque è parte integrante del mondo, dell’uomo stesso, la parte che non può essere ricondotta al mero calcolo economico. Quando Protagora viene condannato ad Atene perché sostiene che gli dei sono inconoscibili, fa questa operazione: taglia fuori dalla conoscenza ciò che in realtà costituisce la differenza tra il semplice essere e la consapevolezza di un comune divenire. Ecco che allora la “filosofia” renziana è tutta una sofisma continuo, non una filosofia ma una serie di filolosofemi, di falsi sillogismi, di mezze verità che conducono a bugie sempre più grandi ed irreparabili. Sarà Socrate a battersi contro questo relativismo retorico, ed ancor più Platone che andrà sino a Taranto, da Archita, per cogliere le regole del buon governo da trascrivere ne La Repubblica. Allora sul Mare Ionio, il mare degli Eroi, dominava ancora la figura divina di Dioniso, lo Shiva greco, il dio dell’ebbrezza, dell’estasi, dell’irrazionale da cui nasce però ogni poesia ed ogni idea veramente innovativa. E dunque, in conclusione, come afferma Platone nel Menone, e come la Sinistra politica dovrebbe ricordare, una vera razionalità politica nasce dalla reminiscenza. Ricordiamo dunque, gli ideali, il piano sottile che questa politica ragionieristica cerca ogni giorno di cancellare, ma che pure esiste perché è.