Si è aperta ieri a New York la 69ma assemblea generale dell’Onu, all’interno della quale oggi Ban Ki-Moon presenta il «suo» summit sul clima. Tutta la settimana è dedicata a iniziative sui cambiamenti climatici, dentro e soprattutto fuori il palazzo di vetro.

La coscienza collettiva americana si è mobilitata domenica nella più grande manifestazione su temi ambientali della storia. L’associazione non governativa 350.org ha portato in piazza un milione di persone in tutto il mondo di cui 400.000 solo a New York, quadruplicando le aspettative iniziali.

Non sono però solo i numeri l’elemento significativo di questo «corteo mondiale». È vero che erano 10 anni che non si vedevano così tante persone sfilare, come accadeva nel 2003/2004 per le manifestazioni contro la guerra in Iraq, ma la People’s Climate Change March è stata organizzata non sull’onda di un evento scatenante bensì intorno a un concetto, quello dell’«ingiustizia climatica», che collega il tema della disparità economica e ingiustizia sociale al tema dei cambiamenti climatici che derivano direttamente da scelte di utilizzo ed estrazione delle risorse con un impatto ambientale devastante.

Questo rende ancora più significativo l’evento di domenica: vedere sfilare in corteo centinaia di migliaia di persone che fanno di un concetto una consapevolezza e che si espongono per difendere un’idea e cambiare una prassi è un avvenimento non trascurabile.

Alla presentazione del summit sul clima dell’Onu oggi ci si arriva dopo un’altra giornata di mobilitazione, Flood Wall Street, organizzata da Occupy, che ha sempre visto il legame tra disparità economica e problemi climatici. Occupy era presente nell’organizzazione del corteo di 350.org ma ha riservato per sé una giornata di mobilitazione più consona al proprio stile di «pacifica aggressione situazionista», riportando non simbolicamente ma proprio fisicamente i flash mob là dov’è l’origine della maggior parte dei mali del nostro tempo, l’ormai famigerata Wall Street, sede e tempio del sistema capitalistico occidentale.

Hanno circondato Wall Street, attaccato striscioni, si sono arrampicati sui palazzi del potere, hanno reso la vita difficile alle transazioni e ancora una volta gli occupiers han fatto sentire la propria voce in modo spettacolare.

La giornata è cominciata con un’assemblea a Battery Park, vicino la piazza della borsa ma anche una delle zone più colpite da Sandy.

All’assemblea hanno partecipato Naomi Klein e Chris Hedge, sostenitori della teoria per cui invertire il cambiamento climatico è inconcepibile senza sfidare il capitalismo globale.

E Occupy il capitalismo sa come sfidarlo: ridicolizzandolo, portandolo a buttar via la maschera di unica realtà possibile. In fin dei conti a questo doveva servire l’occupazione di Zuccotti Park, dimostrare in piccolo come un altro mondo possibile possa davvero esistere, proprio nel cuore di Manhattan.

Alcune di queste stesse teorie verranno proposte da Ban Ki-Moon martedì, il suo rapporto sul clima ha la finalità di (o almeno cercare di) prendere impegni proattivi in settori che sono fondamentali per mantenere l’aumento della temperatura globale a meno di due gradi.

Un obiettivo che passa attraverso scelte precise elencate dall’Onu: la produzione alimentare dovrà aumentare di almeno il 60% nei prossimi 35 anni per garantire la sicurezza alimentare per i 9 miliardi di persone che si prevedono vivere sul pianeta entro il 2050. Ma questa produzione dovrà essere controllata. In particolare con il controllo delle emissioni globali di gas serra di cui sono responsabili – per circa il 70% – le città, i grandi agglomerati urbani che già si sa saranno destinati ad aumentare di dimensioni.

Accompagnandolo allo spostamento verso fonti di energia rinnovabili come il solare, l’eolico e il geotermico e una maggiore efficienza energetica degli elettrodomestici e dell’illuminazione. Tutti cambiamenti essenziali per utilizzare le risorse del mondo in modo sostenibile e diversificare le economie.

Si parlerà di mobilitare finanziamenti per il clima, e un prezzo robusto dell’anidride carbonica è una delle strategie più efficaci per sbloccare gli investimenti privati: un forte segnale di prezzo dirigerà i flussi finanziari dai combustibili fossili alla così detta energia «pulita».

Non è questo un nuovo atteggiamento da parte dell’Onu nei confronti dell’ambiente. Già nel 2007-2008 il rapporto sul clima di Undp, il programma per lo sviluppo delle Nazioni unite, evidenziava proprio ciò che è stato portato in piazza in questi giorni, cioè che le più colpite dai cambiamenti climatici sono le fasce di popolazione più povere, che sono anche quelle che meno incidono sul deterioramento del clima, mentre i paesi più ricchi – maggior causa dei fenomeni che portano al cambiamento climatico – son quelli che ne pagano meno le conseguenze

Ciò che va evidenziato è anche la crescita di quella che nel 2003 il New York Times aveva definito la nuova «superpotenza mondiale», quella dei popoli di tutto il mondo uniti, che a milioni il 15 febbraio 2003 avevano manifestato per la prima volta compatti contro la guerra. La guerra non è stata fermata, e continua ancora, ma la «superpotenza» sta diventando sempre più grande e quella scintilla di consapevolezza che nel 1999 a Seattle aveva portato ad individuare il «nemico» come collettivo ed economico, è cresciuta, ha messo radici e sta germogliando.