Proprio sulle pagine del manifesto nel settembre e nell’ottobre 2014 Giuliano Santoro aveva pubblicato due reportage in seguito all’omicidio del ragazzo pakistano Shahzad, in via Ludovico Pavoni, nel quartiere di Torpignattara, a Roma.

«Quando imbocchi questa parallela a via dell’Acqua Bullicante, resa un po’ più claustrofobica delle altre strade del quartiere dal suo essere vicolo cieco, ti lasci alle spalle le fermate in attesa di inaugurazione della linea C della metropolitana, e, subito prima, largo Perestrello, che è lo spiazzo mattonato dove gli amici del diciassettenne autoaccusatosi dell’assassinio del migrante, hanno lasciato striscioni di solidarietà all’aggressore all’indomani del tragico evento. Uno di questi recita, vernice rossa su lenzuolo bianco: «Contro tutti e tutti sempre con te». Contro chi e contro che cosa?».

Le domande, le contraddizioni e «le schegge» propagatesi a seguito di quell’evento, Giuliano Santoro le ha raccolte in un libro, Al Palo della morte, storia di un omicidio in una periferia meticcia (Alegre, 15 euro) che costituisce un esempio lampante di reportage giornalistico, inchiesta e racconto (una forma ibrida che potrebbe essere avvicinata al più celebre new journalism nella sua versione, riuscitissima, latinoamericana, pensiamo a Rodolfo Walsh, Diego Osorno) sulla città di Roma (non a caso il volume fa parte della Collana «Quinto Tipo» diretta da Wu Ming 1). Si tratta di espediente narrativo per raccontare la metropoli, la sua trasformazione, l’ideologia del decoro, il razzismo come fase che coincide con la volontà di ricattare la forza lavoro, il classismo delle modifiche alla costruzione della città. Roma, che si perde nel suo provincialismo e nella sua presunta unicità «romana», è lo sfondo della storia, ma potrebbe trattarsi di qualsiasi città al mondo. Santoro accompagna il lettore a circumnavigare l’evento di partenza, l’omicidio da parte di un giovane italiano di un pakistano, per concentrarsi sulle cause, gli eventi che trasformano una metropoli finendo per creare cortocircuiti sociali, ideologici, linguistici, di senso.

Ci sono alcuni punti che meritano attenzione: innanzitutto l’importanza del «rifugio» casalingo, nel quale l’italiano oggi finisce per nascondere il proprio disagio. Estremo baluardo della propria condizione di povertà, o nuova povertà, da nascondere e non urlare, non condividere. «Oggi, scrive Santoro, ti barrichi nel fortino della proprietà, ti asseragli all’ultimo baluardo di una vita di sacrifici al culmine della disperazione. Un popolo di borghesi piccoli piccoli si rifugia nella casa, il bene rifugio nell’era della crisi». Uno «straniero», un «invasore», che ubriaco recita il Corano per le strade della Capitale, diventa un elemento di fastidio per il decoro urbano, per le proprietà. «A Tor Pignattara fanno scalpore e danno fastidio i cappanelli di rumeni che bevono birra e le comunità di bengalesi che riproducono le reti familiari oltre continente. Hanno ripreso a usare le strade e non chiudersi in casa. «Abbiamo scoperto gli immigrati mentre si appropriavano di spazi che a noi sembravano obsoleti e ormai scomodi anche per parcheggiare, dice l’antropologo Franco La Cecla». Non sappiamo niente di loro, di queste popolazioni che hanno finito per utilizzare la strada, i quartieri, antichi spazi pubblici e in comune anche per gli italiani.

Quest’ultimi si barricano nei propri salotti e guardano con disprezzo chi alla «sicurezza», preferisce la vita nel quartiere. Santoro – osservatore della realtà politica italiana e ultimamente del movimento 5 Stelle – conosce bene le diramazioni linguistiche, di retorica e di propaganda con cui creare «complotti» e «leggende metropolitane», che diventano importanti chiavi di lettura della socialità contemporanea, quella che premia il decoro, che si esprime contro il disagio.

Ed ecco allora la descrizione della nascita di quei comitati di quartiere, che ricordano l’esperienza greca di Alba Dorata, su cui fanno perno i fascisti di Casa Pound alleati alla Lega di Salvini capace di soffiare sull’ideologia della sicurezza e sulla leggenda metropolitana dell’«invasione». Cronaca giudiziaria, riferimenti cinematografici (Il Palo della morte di Verdone e Leone) e storici per quanto riguarda le trasformazioni di Roma (senza abusare dei «grandi» come Pasolini), lo scontro tra centro e periferie: Santoro si muove a proprio agio tra questi «punti luce», mettendo in evidenza le contraddizioni dei cambiamenti metropolitani, partendo dallo specifico di Roma. Ma potrebbe essere Londra, Berlino, Parigi, con il corollario dei media, capaci di influenzare e non poco il dibattito, l’opinione pubblica. «Puntare il dito, scrive Santoro, per disciplinare. Mettere alla berlina per spingere nel buio. Gli abitanti delle periferie sono resi invisibili. Ciò che compare sono i rapporti di forza».

Il libro sarà presentato oggi alle 19 a Esc, via dei Volsci 159 con l’autore, e la presenza di Tommaso De Lorenzis, scrittore ed editor (recentemente ha curato Ellroy Confidential per Minimum Fax, 2015) e Valerio Renzi (autore di La politica della ruspa, Alegre, 2015). Elio Germano leggerà alcuni brani del libro.