Momenti di tensione ieri tra Roma e Il Cairo. Stavolta non per il caso Regeni ma per due pescherecci, sebbene in molti abbiano letto nel sequestro delle navi l’ennesima provocazione egiziana. A monte, più probabilmente, i mai risolti screzi nel settore della pesca sul Mediterraneo.

Era già successo quasi due anni fa: due pescherecci erano stati sequestrati dalla marina egiziana per essere entrati nelle acque del Cairo. Stavolta, dice Giovanni Tumbiolo, presidente del distretto della pesca di Mazara del Vallo, le due navi si trovavano in acque internazionali quando sono state intercettate e condotte ad Alessandria. A bordo 14 persone, 8 italiani e 6 tunisini. Nel pomeriggio i due pescherecci sono stati rilasciati. Dopo il sequestro, si erano mobilitati la Farnesina e l’ambasciatore italiano al Cairo (sebbene non sia ancora fisicamente presente in Egitto) Cantini.

Non ci sono invece novità sulla morte di Giulio Regeni per cui l’Italia aveva ritirato l’ambasciatore come forma di pressione diplomatica. Ma poi ne aveva nominato un altro. Cantini non è al Cairo, ma in molti criticano Roma e rapporti che non sembrano scalfiti dalla scomparsa del ricercatore.

Come criticabile è la partecipazione del Consiglio Superiore della Magistratura ad un progetto da 9 milioni di euro della Ue e denunciato dall’Espresso: “Smaj” aiuta le corti egiziane ad adeguarsi agli standard europei, senza mettere però in dubbio processi di massa, abusi sui detenuti, pena di morte.

Senza pressioni, Il Cairo non ha fretta di agire né fuori né in casa. Ieri nel mirino è tornato il Nadeem Center, ong che da 20 anni tutela le vittime di torture e abusi da parte dello Stato. Più volte oggetto di raid e ordini di chiusura, ieri si è visto congelare il conto bancario dalla Banca Centrale. Dietro, la legge sulle ong che prevede restrizioni e controlli capillari contro quelle che ricevono donazioni dall’estero, naturale forma di finanziamento per associazioni del genere.

Il Nadeem Center non è di certo ben visto: ogni mese pubblica dettagliati rapporti su sparizioni forzate, torture e decessi in prigione. L’ultimo, quello relativo ad ottobre, documenta 10 casi di morti in prigioni e caserme, 56 di tortura e 28 di mancate cure mediche. Numeri che, sommati a quelli dei mesi e degli anni precedenti, dipingono una repressione strutturale portata avanti in stazioni di polizia e servizi segreti, carceri note e ignote.