Хөлбөмбөгийг Хөлбөмбөгчдөд! La pronuncia di queste due parole, “khul bumbug yg khulbumbug ch dud!”, risulta, se possibile, ancora più incomprensibile della grafia cirillicheggiante.

Meglio svelarne subito il significato, ovvero “Il calcio agli amanti del calcio”: uno slogan deciso, un grido di battaglia, un movimento culturale che ha pervaso la Mongolia dalla vita reale ai social network, in cui questa scritta (in diagonale sullo sfondo rossoblù della bandiera) campeggia su migliaia di profili. La federazione calcistica del paese di Gengis Khan ha finalmente voltato pagina: il pallone è tornato libero di rotolare senza più i soprusi di una famiglia-despota, quella di Ganbold Buyannemekh, che negli ultimi 17 anni ha letteralmente accentrato il controllo amministrativo della disciplina, combinandone di tutti i colori. Fino alla squalifica per cinque anni  da parte della Fifa, dopo aver appurato la concussione di cui Ganbold si macchiò inesorabilmente nella vicenda Mohammed bin Hammam, ex presidente della Federcalcio Asiatica (anch’egli, bannato, ma a vita), che sfidò Blatter, nell’ultima corsa al comando dell’organizzazione mondiale, comprando voti un po’ qua e un po’ là, per dare linfa alla corsa alla candidatura del Qatar per i Mondiali del 2022. Una vicenda torbida, quella, che presenta ancora tanti buchi neri e la cui completa verità non verrà mai a galla.

Fatto sta che la Mongolia del calcio si è ritrovata finalmente libera di riorganizzarsi e ricostruirsi una verginità: «Ganbold – spiegano i fondatori del movimento “Il calcio agli amanti del calcio” – faceva di tutto, anche le convocazioni in nazionale. Aveva quel suo gruppetto di giocatori: coi soldi della federazione internazionale organizzava feste private con vodka a fiumi e cercava di mantenere il ranking più in basso possibile: in questo modo la Fifa avrebbe garantito più soldi per far crescere il movimento. Soldi che però venivano usati a scopi privati…». Si parlava di famiglia, però. Ebbene, anche la moglie di Ganbold, Maya, è stata – in questi 17 anni tenebrosi – la responsabile delle relazioni internazionali della MFF (Mongolian Football Federation).

Come spesso accade il calcio viaggia a braccetto della vita quotidiana, spesso della politica. Anche senza volerlo: il fermento pallonaro di questi giorni, infatti, fa solo da anticamera alla situazione di governo, anch’esso nel bel mezzo di una fase di transizione. Dalle accuse di concussione riguardanti Ganbold Buyannemekh a quelle di corruzione con cui il parlamento, lo scorso 5 novembre, ha sfiduciato l’ormai ex primo ministro e leader del Partito Democratico Norov Altankhuyag, dimessosi subito dopo. In questi giorni, a Ulaanbaatar, si è registrato l’insediamento del nuovo capo di governo (il ventottesimo) Chimed Saikhanbileg, Capo della Segreteria nella precedente amministrazione.

Fiducia «nella speranza che il nuovo esponente sappia recuperare i valori etici che da sempre caratterizzano la Mongolia», concessa con queste parole dal Capo di Stato Tsakhiagiin Elbegdorj, giovane per il ruolo che interpreta (ha 51 anni, 46 al momento della sua elezione), appassionato anche di calcio, in uno stato in cui lo sport nazionale è la lotta tradizionale. Elbegdorj è sempre presente al National Sports Stadium di Ulaanbaatar, ad esempio, alle partite di Supercoppa: l’ultima edizione, quella del 2013, ha visto la vittoria dell’Erchim Fc, la Juventus di Mongolia per titoli conquistati e squadra della capitale come quasi tutte le altre squadre della massima serie locale. Il successo è avvenuto contro il Khangarid, unica formazione non di Ulaanbaatar, bensì della città di Erdenet.

Tsors Sugar è amministratore delegato di una fondazione, il Professional Sport Training Center, che come intento ha proprio quello di portare il calcio nelle lande desolate del resto del paese: «Far crescere il calcio in uno stato così vasto, schiacciato tra la steppa del nord e il deserto del Gobi a sud, non è la cosa più semplice al mondo – rivela ad Alias il dirigente –. Abbiamo un progetto di fundraising improntato sulla costruzione di strutture in grado di diffondere il calcio nella maggior parte del Paese, non solo all’interno della capitale, i cui abitanti (circa 1milione e 200mila) costituiscono il 38% di tutto il territorio nazionale. Lo stiamo facendo grazie al lavoro di 12 tra imprenditori e manager amanti di questo sport: attualmente stiamo gestendo un’area amplissima del paese a 55 chilometri a nordest della capitale. Sinora sono stati investiti circa un milione di euro serviti alla costruzione di campi e strutture adeguate, soprattutto coperte, in cui allenarsi anche durante il nostro rigidissimo inverno (da queste parti non è raro arrivare a -40° C, ndr) e praticare anche il Futsal, variante del calcio in cui ci stiamo evolvendo».

Già, quella variante – il “calcetto” – che salva capra e cavoli nei paesi in cui o fa troppo caldo (vedi i paesi arabi) o troppo freddo… «Stiamo cercando altri imprenditori che amino il calcio tanto da volerlo promuovere in tutti gli angoli della Mongolia – prosegue Tsors –. Vorremmo anche incrementare il numero di partecipanti, attualmente solo 7, alla nostra massima divisione di calcio a undici nazionale». Detta “Niislel League”, che per evidenti ragioni climatiche, i concentra tra la fine di giugno e quella di agosto. “Niislel” è il brand della birra nazionale, che ogni anno versa 40mila dollari di sponsorizzazione alla MFF. Evidentemente insufficienti per un’esplosione di massa del fenomeno. Comunque un punto di partenza importante per poter sperare, un giorno, in rivoluzioni di cultura sportiva recentemente registrati ad esempio in India o tra Malesia e Indonesia, in cui gli stranieri, grandi firme (e non) del calcio internazionale, stanno aiutando alla diffusione di questo sport. «Abbiamo raccolto ottimi risultati – chiosa il CEO del Professional Sport Training Center – ma siamo consapevoli di essere solo all’inizio e che la strada da percorrere sia ancora lunghissima. Intanto ci godiamo i frutti di un altro traguardo raggiunto: l’iscrizione, per il 2015, dell’ottava squadra alla nostra Serie A, il Deren Fc».

Una rivoluzione totale, insomma, che ha spazzato via come d’incanto le brutture della gestione Ganbold priva di etica e introdotto una nuova filosofia volta ad allargare gli orizzonti. Grazie anche al nuovo tecnico della Nazionale, il giovane serbo giramondo Vojislav Bralusic, che ha sposato appieno il progetto espansionistico della nuova federazione: il suo compito, infatti, non sarà solo quello di guidare i “Lupi Azzurri” nella scalata al ranking Fifa partendo dall’attuale 182esima posizione, ma anche quello di partecipare attivamente alla crescita “spirituale” (così come la chiamano loro, tradendo la loro fede buddista) del movimento. «Bralusic è infatti uno dei primi sostenitori attivi del nuovo Deren Fc – conclude Tsors Sugar -. Lo scopo, in questo caso, è quello di trovare un paio di giocatori stranieri in grado di fare da chioccia e tramandare la cultura del calcio a un gruppo di giovani adolescenti che, crescendo su solide basi, possano tornare utili, in futuro, alla nostra rappresentativa nazionale».

Una rivoluzione che porta in dote anche altri segnali: come la rottura dell’egemonia Erchim, battuto nella finale dello scorso 30 agosto dai gialloblù del Khoromkhon, che si è così laureato per la prima volta campione di Mongolia. Una squadra, quest’ultima, che fino al 2003 fu espressione della Heiniken. Ancora birra, non più la “vodka del peccato” di Ganbold.

Birra a fiumi, come in quei pub britannici in cui il calcio è religione: mancano ancora diverse “pinte” da versare ma il boccale della Mongolia è già ricco di speranza…