Siamo tornati al campo di Conetta il 4 gennaio, dopo due visite negli scorsi mesi, al campo Hub di Conetta gestito da Edecco (già Ecofficina). I fatti riportati dai media hanno avuto come prima conseguenza quella di sfoltire in fretta e furia il campo, spostando oggi ben 110 richiedenti asilo che erano «temporaneamente» nella struttura da oltre un anno.

L’operazione è stata sorvegliata da molta polizia e con una tensione da massima allerta. La delegazione composta da politici, rappresentanti delle Associazioni che si occupano di migranti e da operatori sociali, non è stata autorizzata dalla Prefettura, che si è trincerata dietro il pericolo di disordini. Solo l’ostinazione di Giovanni Paglia e Nicola Fratoianni, deputati di Sinistra Italiana, ha permesso a loro, a me e Nicola Grigion, rappresentante SPRAR, di accedere al campo e di eseguire un sopralluogo accompagnati da Simone Borile, referente della Cooperativa Edecco Onlus che gestisce questo e molti altri «campi profughi».

Ci eravamo già entrati in aprile prima e in agosto dopo, ma la situazione di oggi era oltre ogni previsione. Le persone da 600 in aprile a 800 in agosto è lievitata a oltre 1400 di oggi. Ragazzi di ogni etnia (150 circa nigeriani, oltre 100 ivoriani e poi gambiani, gente del Pakistan, del Bangladesh, del Mali, del Senegal….) stipati dentro le piccole stanze in muratura e gli enormi tendoni. Letti accatastati gli uni agli altri, senza nemmeno lo spazio per passare. Incredibile ma vero: la gente vive nello spazio del proprio letto, con vettovaglie, vestiti, griglie improvvisate per cucinare, bici e quant’altro dentro.

Abbiamo fatto foto e video, ma l’incredulità mista a indignazione non ci ha lasciato respirare. Abbiamo assistito alla distribuzione pasti che si svolge per molte ore, atteso l’elevato numero di persone che devono mangiare; non ci sono tavoli e sedie per mangiare e praticamente si assiste ad una processione di persone in giro per il campo con il cibo in mano. Le bevande sono utilizzabili solo da un distributore all’interno del tendone mensa, per cui per bere ognuno deve arrangiarsi come può. Infermeria: un container senza sala di aspetto, per cui le persone sono (ed erano) incolonnate fuori in attesa. Un medico durante il giorno (ci sono 4 medici che si turnano), un infermiere di presidio durante la notte e nei festivi. Per 1400 persone.

Lavanderia: chiusa la parte con le lavatrici, quella con circa 6 lavabo abbandonata. I ragazzi si lavano gli indumenti nei bagni (per loro volontà dice Borile) e la biancheria è stesa nei fili spinati attorno al campo. Scuole: tre container ora occupati da letti. Spazi ricreativi: inesistenti. Televisioni: pochissime (una per sala) e la maggior parte fuori uso.

Una chiesa e una moschea, con i tendoni aperti e asserito riscaldamento a lampada. E freddo ovunque. («Perché i ragazzi hanno divelto l’impianto elettrico», dice Borile, ma io dubito che simili strutture possano riscaldarsi!). Simone Borile giustificava il disordine e l’immondizia con la confusione e le ribellioni dei richiedenti asilo di questi ultimi due giorni. Sembra che gli operatori siano rientrati a lavorare solo stamani, ma è difficile immaginare che questo posto così sovraffollato, senza spazi vitali e senza alcuna cura, possa essere ordinato e vivibile. Mi chiedo dove potevano stare 28 donne (ad agosto erano ben 40) in questo luogo.

Oggi sono state spostate ma fino a ieri convivevano con oltre 1.000 uomini, senza spazi propri, se non il loro container-camerata e la stanza di circa 15 mq sempre adibita a stanza. Molti i visi di ragazzi giovani, per alcuni il sospetto che siano minori ci è rimasto; gli operatori asseriscono che se loro dichiarano di essere maggiorenni non sono tenuti ad ulteriori indagini.

Non credo che questa sia la risposta civile di un paese moderno a chi chiede protezione o aiuto. Non credo sia umanamente possibile accettare che persistano situazioni istituzionali di degrado umano di questo tipo. Non credo sia corretto che ci sia speculazione e arricchimento a scapito della dignità umana. Avevamo il timore che prima o poi l’apparente convivenza forzata potesse sfociare in rivolta e ribellione. Adesso che il timore è comprovato dai fatti, non possiamo più accettare che esistano strutture come il campo di Conetta.

* Giuristi Democratici «Giorgio Ambrosoli» di Padova