Continuano le manifestazioni anti Trump negli Stati Uniti, il primo fine settimana dopo la sua elezione ha visto sfilare decine di migliaia di americani, da New York a Miami, a Portland a Dallas, a Boston, formando un elenco lunghissimo di eventi che si sono tenuti in un clima abbastanza pacifico, considerata la potenziale polveriera in cui si svolgono.

«Non smetteremo di far sentire questa voce – dice Mark, tra gli organizzatori della marcia di New York – perché non farlo sarebbe un po’ come se un’asteroide stesse per entrare in collisione col pianeta e distruggerlo, e tutti dicessero “Aspettiamo che abbia fatto, vediamo cosa ha da dire quest’asteroide”. Sappiamo cosa ha da dire Trump, l’ha detto durante la campagna elettorale e l’ha ribadito durante la trasmissione di Cbs, 60 minutes, domenica sera: vuole deportare milioni di illegali, vuole un muro col Messico, tanto per cominciare. Che facciamo? Stiamo qui a guardarlo?».

Non solo la base dei cittadini americani si sta mobilitando, arrivano appelli anche da John Oliver, comico e attore inglese trapiantato in America dove conduce il telegiornale satirico Last Week Today. Nella sua trasmissione Oliver ha messo in guardia i media e gli spettatori dal rischio di normalizzare Trump e di abbassare la guardia, ha riepilogato tutte le minacce fatte dal tycoon nei mesi appena trascorsi e ha fornito un elenco di associazioni non governative che si occupano della difesa dei diritti Lgbtq, degli immigrati, dei musulmani, oltre che della libertà di stampa. Tutti soggetti che ora come mai hanno bisogno di essere sostenuti perché toccherà a loro, per i prossimi 4 anni, difendere i diritti in pericolo.

Dichiarazioni importanti sono arrivate anche dai politici; dopo il sindaco di New York, De Blasio, che si è impegnato a non cedere al governo Trump gli elenchi dai quali si potrebbero estrapolare le identità dei newyorchesi illegali e a far ricorso a tutte le leggi in vigore che servono a proteggere i diritti e le persone, anche il governatore Andrew Cuomo ha pubblicato sul sito dello Stato di New York e su i suoi social personali, una dichiarazione dove ricorda che a New York State ci sono molte leggi che difendono i cittadini che ora si sentono in pericolo e ha invitato gli americani che abitano in altri Stati dove non si sentono al sicuro a trasferirsi lì «dove verrete accolti e protetti».

Mentre le strade erano piene e i politici cercavano di tranquillizzare i cittadini, George Soros e altri ricchi liberal che hanno speso decine di milioni di dollari nella campagna elettorale di Hillary Clinton, domenica si sono radunati a Washington per una tre giorni a porte chiuse che si sta svolgendo all’hotel Mandarin Oriental patrocinato dall’ influente Democracy Alliance donor club.

Questo incontro prevede l’intervento della maggior parte dei leader dei sindacati e dei gruppi liberal, così come di personaggi più a sinistra nella sinistra americana, come Nancy Pelosi, la senatrice Elizabeth Warren e il co-presidente del Congressional Progressive Caucus Keith Ellison. Secondo un ordine del giorno e altri documenti ottenuti da Politico, in questo incontro alcune sessioni si stanno già preparando per le elezioni del 2017 e 2018, mentre altre si concentrano sulle mosse necessarie a contrastare il piano per i primi 100 giorni del presidente eletto Trump, che l’ordine del giorno chiama «un assalto terribile ai risultati del presidente Obama e la nostra visione progressiva di una nazione equa e giusta».

In questo incontro molti liberal stanno rivalutando il proprio approccio alla politica e il ruolo della Democracy Alliance (o Da), come il club è chiamato nel mondo della finanza.

Il Da, i suoi donatori e i gruppi che ne beneficiano, negli ultimi dieci anni hanno avuto un ruolo importante nel plasmare le istituzioni della sinistra americana, tra cui l’aver orientato alcune delle sue principali organizzazioni su Clinton, basando la propria strategia sull’idea che le minoranze e le donne fossero il cosiddetto «crescente elettorato americano» che avrebbe portato alla vittoria i democratici.

Evidentemente non è stato così e, stando a Politico, si potrebbe vedere ora il paradosso di un piccolo esercito di miliardari che si sposta a sostenere posizioni, esponenti e candidati filo socialisti.