Fabio Bussotti sembra essere un personaggio a dir poco poliedrico. Attore, autore di teatro, sceneggiatore. Ha lavorato tra gli altri con Vittorio Gassman – il maestro, come lo definisce, di cui ha frequentato la Bottega Teatrale di Firenze – Adolfo Celi, Lilliana Cavani, Federico Fellini. Insomma, una vita segnata dall’arte. Del resto se, come dicevano gli antichi romani, nomen omen, uno che porta lo stesso nome del grande Sylvano Bussotti forse non poteva avere un destino diverso.

Da qualche anno, Fabio Bussotti si è dedicato anche al noir. E anche in questo caso l’arte non poteva essere assente. Nei suoi romanzi, infatti, compaiono personaggi come Velázquez, Picasso, Borges. Fino a Francesco Borromini, in pratica co-protagonista dell’ultimo lavoro, intitolato, appunto, Le lacrime di Borromini (Mincione Edizioni, pp. 270, euro 14). Si tratta del terzo romanzo dedicato al commissario Flavio Bertone che si trova a indagare, con la sua squadra, sull’omicidio di un vecchio professore di latino e greco in pensione, ammazzato all’interno della Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, con un ago conficcato nel cervello. Intanto, nel 1646, Borromini è incaricato dal papa Innocenzo X del restauro di quella stessa chiesa. Il grande architetto è risentito, non gli danno incarichi degni del suo genio. Perfino quando gli affidano lavori minori – come in questo caso – è soggetto a limitazioni e a vincoli per lui inspiegabili. Si sente incompreso, è pieno di risentimento verso Gianlorenzo Bernini che si aggiudica gli incarichi migliori grazie alle sue amicizie e frequentazioni. Così, l’autore di Sant’Ivo alla Sapienza si aggira nel caldo afoso di Roma sempre vestito di nero, tormentato dai suoi cupi pensieri e mostrandosi ancora più scontroso di quanto non sia di solito.

Altrettanto scontroso appare il commissario Bertone nel 2012, sia per la sua situazione sentimentale sia perché il caso dell’omicidio del professore si va sempre più complicando. Ci sono altri morti, ma c’è soprattutto l’intervento dei servizi segreti che gli sottraggono l’indagine.

Così, tra rimandi e riferimenti a Carlo Emilio Gadda, a Pietro Germi, a Brancaleone alle crociate, la storia va avanti e vede il coinvolgimento dei servizi di altri paesi, un pellegrinaggio a Gerusalemme e, soprattutto, un’inconsueta storia d’amore, tenera e realistica. Lui, il commissario Bertone, stanco e disilluso, con la faccia «che ricordava, in brutto, un noto attore di fiction televisive», ridotto «a praticare senza gioia, ma con devastante accanimento, l’amore onanistico. A 56 anni, come un quattordicenne». Lei, Rosa Cianci, 52 anni, infermiera, «ormai invecchiata e in menopausa», «reduce da un carcinoma al rene e da ischemia cerebrale», «grassa, col culo grosso, le tette cadenti, la pancia gonfia». Quanto di più lontano, insomma, dalla classica liaison tra detective e dark lady e, proprio per questo – e, naturalmente, per la bravura dell’autore nel narrarla, facendola emergere un po’ alla volta tra lo stupore contenuto degli stessi protagonisti – davvero vera e coinvolgente come poche altre.

Alla fine, naturalmente, si chiarirà ogni cosa, il mistero sarà svelato e si capirà cosa lega l’indagine di Bertone al lavoro di Borromini. Si comprenderà anche la ragione delle lacrime del grande architetto citate nel titolo.
Thriller particolare, Le lacrime di Borromini, e non solo per i riferimenti cinematografici e letterari – che, tra l’altro, a volte forniranno tracce importanti al lettore attento – oppure per il fatto di svolgersi su diversi piani temporali (come i romanzi di Valerio Evangelisti dedicati all’inquisitore Eymerich) o, ancora, per l’approfondimento della psicologia dei personaggi, ma soprattutto per la scrittura. Una scrittura in grado di mantenersi tesa e avvincente per tutta l’opera e, allo stesso tempo, di aprirsi in larghi inserti schiettamente umoristi e inoltre di donare al lettore un sotto-finale splendidamente dolce-amaro.