A pochi passi dal decumano inferiore, in questa zona centrale, simbolo del potere laico, religioso e culturale è la chiesa di San Domenico Maggiore, luogo superbo per tantissimi motivi, stracarico di opere d’arte (ma Caravaggio, Raffaello, Tiziano sono state spostate altrove come quelle di Guido Reni e Luca Giordano) dove nella sala rettangolare della Sacrestia vengono conservate 45 arche sepolcrali dei protagonisti della storia della città, l’intera dinastia aragonese e altri nobili della corte. Fabbrica sacra decisamente insolita perché edificata sul nucleo originario della chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa, trasformata per volere di Carlo II d’Angiò e affidata, insieme al monastero, ai padri domenicani ma situata al contrario rispetto al complesso originario, così oggi si accede attraverso la grande scalinata in piperno voluta da Alfonso I all’abside del portale secondario, sulla piazza. L’ingresso autentico è dal vico San Domenico Maggiore, numero 18, in un cortile dove c’è anche l’accesso al convento, alla destra del campanile. I chiostri di San Domenico Maggiore in origine erano tre, tali da rendere il complesso talmente tanto esteso da arrivare fino nei pressi di Santa Chiara. Dei tre chiostri tuttavia però solo uno è rimasto di competenza del complesso religioso: il seicentesco chiostro piccolo (o delle statue). Il chiostro di san Tommaso invece è divenuto sede di una palestra comunale, la Virtus, mentre quello grande, che un tempo ospitava la sala in cui ha vissuto Giordano Bruno, sede del liceo Casanova. Gli spazi hanno il respiro del tempo antico, tra aiuole e piante curate e una maestosità ancora coinvolgente. I lunghi interventi di restauro (terminati nel 2012) hanno consentito il recupero delle sale che hanno ospitato, fino agli anni ’90, gli uffici della Corte d’Assise. Il convento si sviluppa su tre piani: a quello di terra si affacciano il chiostro delle statue e la sala di insegnamento di san Tommaso D’Aquino, al primo, invece, la biblioteca, il refettorio, la sala del Capitolo e quella di San Tommaso, a quelli superiori invece sono collocati gli ambienti privati dei frati domenicani. Si comincia attraversando il piccolo chiostro delle statue, attraverso il quale è possibile raggiungere la monumentale scala in piperno che porta ai livelli superiori. Al primo piano, ci sono gli ambienti, alti e ampi dipinti in tonalità chiare, gestiti dal Comune di Napoli, che vengono dati in prestito per mostre, presentazioni, convegni. Qui si trovano le sale della mostra Magna. Nel grande refettorio, due affreschi posti nelle pareti di fondo. In quella anteriore è presente un’opera eseguita negli elementi prospettici di contorno da Arcangelo Guglielmelli, mentre l’Ultima cena posta al centro, di Domenico Antonio Vaccaro. La sala del Capitolo è la sala del convento che meglio si è conservata, caratterizzata da pregevoli decorazioni in stucco presenti in tutte le pareti laterali eseguiti da maestranze sotto la guida di Cosimo Fanzago e da decorazioni pittoriche eseguite da Michele Ragolìa durante il 1678 circa. I lavori eseguiti dal pittore siciliano furono: sulla parete di fondo, la scena del Calvario; nella volta, quattro riquadri raffiguranti Scene della Passione di Cristo; otto scene più piccole raffiguranti invece i Misteri della Passione; infine, dieci tondi raffiguranti putti con i Simboli del martirio di Cristo. Il luogo più visitato è la camera in cui visse San Tommaso d’Aquino, tra il 1272 e il 1274, periodo in cui tenne la cattedra nello Studio teologico istituito nello stesso convento. Il piccolo ambiente, a cui si accede da un portale in marmi mischi sormontato dal busto del santo, è stato interamente recuperato dall’attuale restauro che ha consentito il ripristino della bicromia originale dei soffitti lignei laccati e dorati. Nella cella vi è la cappella dove egli pregava e sull’altare è stata collocata la famosa tavola Duecentesca raffigurante la Crocifissione di fronte alla quale San Tommaso raccolto in preghiera ebbe la visione di Cristo che gli parlò. Tale Crocifissione si trovava in origine in una navata laterale della basilica detta «Del crocifisso», oggi sostituita da una copia. Tra le reliquie presenti, un omero di San Tommaso e la campanella che faceva suonare all’inizio delle sue lezioni.