Giusto per scomodare Freud, il ritorno discografico di Mauro Ermanno Giovanardi è una sorta di auto-analisi. «Ognuno di noi è la somma delle proprie esperienze – racconta – che quotidianamente si stratificano come a formare una Mille foglie, che cambia forma e sapore con l’andare del tempo, delle prove vinte e perse, del proprio vissuto».

E il vissuto che l’artista nato a Monza 53 anni fa ha condensato negli undici brani che vanno a comporre Il mio stile (Fuorivia/Egea) contempla un periodo nelle fila dei Carnival of Fools, una storica band dell’underground italiano dei primi ’90 a cui ha fatto seguito il lungo sodalizio con Alessandro Cremonesi e Cesare Malfatti sotto la sigla La Crus. Il mio stile mutua il suo nome dall’unica cover contenuta nel disco, uno dei mille gioielli presi a prestito dal repertorio di Leo Ferrè: «Dopo anni di elaborazione – spiega – ho trovato la mia chiave di lettura. Malsana, ruvida, ispirata. In realtà volevo farla già ai tempi di Crocevia (il disco di cover con i La Crus uscito nel 2001, ndr). Ma non mi sentivo ancora pronto per inciderlo, perché è un fiume di parole. È l’unico pezzo che quando interpreto dal vivo mi costringe a un metodo, quasi attoriale: da quando mi alzo la mattina a quando salgo sul palco devo ricantarla in continuazione».

Un disco leggero affatto superficiale, intelligente mai pedante. C’è dentro la sua anima black nei primi tre pezzi, Se c’è un dio fa saltare sulla sedia con un inciso gospel e un rinforzo vocale di prim’ordine (le voci di Paul Rosette, Sherrita Duran, Silvio Pozzoli e Barbara Cavaleri). E poi c’è tutto l’immaginario cinematografico, una costante della sua produzione a far capolino in Aspetta un attimo e Quando suono: «La mia passione per il cinema è stata forte, e si concentra soprattutto fino a fine anni ’90 quando a Milano frequentavo il Messico e l’Argentina, sale d’essai dove passavano retrospettive tematiche; i bmovie dei ’50, la nouvelle vague, gli horror 70. Poi mi sono un po’ fermato, ma l’idea di potere con la musica rimandare delle immagini cinematografiche mi è sempre rimasta, la senti nei lavori con i La Crus».

C’è anche il teatro fra le sue passioni frutto di un connubio artistico con l’attore e regista Ferdinando Bruni: «Insieme abbiamo curato la colonna sonora de La tempesta di Shakespeare e poi uno studio scenico Mentre le ombre si allungano. A un certo punto stavo mollando la musica per il teatro…». A catturare l’ascolto Nel centro di Milano, malinconica e quasi novembrina: «È il primo pezzo che incido chitarra e voce, non lo avevo mai fatto prima. Lezziero (Rescigno insieme a Roberto Vernetti produttori del disco, ndr) è tempo che mi diceva di provare a fare una cosa alla Johnny Cash. Mi affascina da sempre creare degli immaginari dove portare dentro gli ascoltatori. Dentro di me c’è uno spirito da Peter Punk insieme al lavoro sull’espressione della vocalità da crooner».

La fascinazione per la parola, il racconto: «Ho letto moltissimo soprattutto da giovane e ho visto fasi un po’ alterne. La passione per i francesi, e poi russi, gli europei e i narratori americani. Ma se dovessi portare delle poesie su un’isola deserta sceglierei senza dubbio quelle di Cesare Pavese».

Nella versione deluxe del disco un dvd con un film del regista Dimitris Statiris, oltre a una ripresa video, registrata in studio, della canzone Sono come mi vedi: «Dimitri è riuscito a raccontarmi come non mai, una bella esperienza». Il mio stile viene presentato oggi alle 18 a La Feltrinelli di Roma (via Appia Nuova, 427) nel corso di uno show case dal vivo.