La maggioranza di Hollande è a pezzi, sotto i colpi dell’austerità imposta dal Fiscal Compact e della svolta decisa da Manuel Valls per imporla in Francia. Il primo ministro ha tentato di rimettere assieme i cocci nell’intervento di chiusura all’Università d’estate del Partito socialista a La Rochelle. Ma la “fronda” non cede. Il segretario socialista, Jean-Christophe Cambadelis, per calmare il dissenso ha persino affermato che per il momento “il Ps non ha un candidato per la presidenziale del 2017”, un modo per scartare la ricandidatura di François Hollande e far balenare la possibilità di primarie a sinistra se la politica del rigore non darà i risultati sperati. Il nuovo governo viaggia sul filo del rasoio: per ora non andrà al parlamento per chiedere un voto di fiducia, ma i nodi potranno venire al pettina tra pochissimo, con la finanziaria 2015. Valls ha già perso l’appoggio dei Verdi e se un centinaio di socialisti non voterà la finanziaria rischia grosso (il Ps ha sulla carta da solo la maggioranza assoluta, ma se perde il consenso di un terzo dei suoi deputati non ha più una maggioranza, malgrado l’appoggio dei Radicali di sinistra).

Valls parla di “chiarificazione”, sostiene che il su governo non applica “l’austerità”, ma la “fronda” ribatte, riprendendo una frase detta da Aurélie Filippetti, uno dei ministri che sono stati dimessi la settimana scorsa: “dovremmo vergognarci ad essere di sinistra?”.

Valls “non cerca il dialogo sulle scelte economiche – analizza uno dei deputati della “fronda”, Pouria Amirshhi – c’è la tentazione di imporre con la forza il social-liberismo”. Valls, difatti, potrebbe ricorrere alle ordinanze o far passare le scelte dolorose attraverso il voto bloccato, sottoponendo i deputati dissidenti al ricatto del rischio di elezioni anticipate. Certo, la destra Ump è anch’essa a pezzi e molti sono ridotti a sperare nel ritorno di Nicolas Sarkozy (che potrebbe essere imminente), ma Marine Le Pen ha già affermato di essere pronta a formare un governo in coabitazione con Hollande. Valls, per limitare i danni, ha dovuto già smentire il nuovo ministro dell’Economia, l’ex banchiere Emmanuel Macron, che ha di recente preso di mira quello che resta della 35 ore, che restano l’orario di riferimento dal punto di vista legale, ma nei fatti sono ormai superate da accordi parziali e da contratti atipici. Ma la Francia ha promesso a Bruxelles di “fare le riforme”: per Valls “non c’è alternativa”. Il primo ministro dovrebbe cominciare da qualche “riforma” – leggi “limitazione” – del diritto del lavoro, per esempio liberalizzando il lavoro la domenica (oggi un’eccezione legale), mentre è in difficoltà per l’abolizione del blocco degli affitti.

In Francia, il Ps rischia di esplodere. In Europa, Parigi perde terreno. Sembra che Angela Merkel abbia finalmente accettato l’ex ministro Pierre Moscovici come commissario agli Affari economici e monetari nella nuova Commissione Juncker. Ma a una condizione: di essere affiancato dal falco finlandese Jyrki Katanien. Per smentire a mezza voce le informazioni che sono filtrate su un dissenso con Mario Draghi e la sua supposta apertura verso una maggiore flessibilità nella politica monetaria, ieri la cancelleria tedesca ha precisato che è stato il presidente della Bce a chiamare Angela Merkel e non il contrario. Di fronte alla minaccia recessione/deflazione, Berlino potrebbe allungare un po’ le redini, ma Francia e Italia dovranno passare sotto le forche caudine delle “riforme” rigorose. La Germania, con la destra europea, ha ottenuto a Bruxelles una netta vittoria: oltre a Juncker alla testa della Commissione, è stato nominato alla presidenza del Consiglio il conservatore polacco Donald Tusk, autore del riavvicinamento di Varsavia a Berlino, reazionario sulle questioni sociali e pericolosamente estremista nella contrapposizione alla Russia. Ai social-democratici è stata data come premio di consolazione la nomina di Federica Mogherini alla Pesc, ma Berlino ha ottenuto (anche da Renzi, che ha dato la sua garanzia) di mettere un tedesco alla testa del servizio di azione esterna (al posto del francese Pierre Vimont). All’Eurogruppo, la Germania ha imposto lo spagnolo Luis De Guindos. La Germania presiede già la Bei (Werner Hoyer) e il Mes, il Meccanismo europeo di stabilità (Klaus Regling), oltre all’Europarlamento (ma si tratta di un socialdemocratico, Martin Schultz).