Il diritto di difesa è diritto universale e come tale dovrebbe essere garantito in qualsiasi ordinamento giuridico ed in qualsiasi paese. La vicenda processuale Vatileaks consente tuttavia una riflessione su principi e tematiche che oggi assumono senz’altro un connotato di viva attualità anche nell’aspetto della spinta modernizzatrice intrapresa dal vaticano sotto la guida del nuovo Pontefice.

La premessa ad ogni valutazione del caso è costituita dal riconoscimento della specificità delle norme sostanziali e processuali di uno Stato estero, quale è certamente lo Stato della Città del Vaticano, nel cui territorio è in vigore il Codice di Diritto Canonico, secondo il quale per patrocinare innanzi ai Tribunali dello Stato Città del Vaticano è necessaria l’iscrizione all’albo degli Avvocati Rotali. Questo è il motivo per cui, con argomentazioni in verità piuttosto formali, agli imputati del processo Vatileaks, fra i quali i giornalisti Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, non è stato consentito di avvalersi dell’opera professionale di avvocati di fiducia non rotali, ed in assenza di una scelta specifica, gli stessi sono stati affidati al ministero difensivo di avvocati rotali d’ufficio, nominati dal Tribunale.

Non si può non rilevare come questo ostacolo avrebbe potuto essere superato agevolmente attraverso una più elastica interpretazione della normativa, in quanto già gli artt. 24 e 26 dell’Ordinamento Giudiziario dello Stato Città del Vaticano prevedono la possibilità, sia pure in forma di “facoltà eccezionale”, di un simile affiancamento, concedendo una autorizzazione affinché gli imputati potessero avvalersi dell’assistenza tecnica anche di un proprio difensore di fiducia scelto tra gli iscritti negli ordini degli avvocati italiani.

Forse per la prima volta, proprio a causa del clamore che l’intera vicenda ha suscitato, siamo chiamati a confrontarci con i rapporti fra queste due giurisdizioni, quella vaticana e quella italiana, a margine di una vicenda che investe diritti ed interessi (quali appunto il diritto di difesa ed il diritto di cronaca e di informazione) che appartengono alla intera collettività in un ambito certamente sovranazionale. Il diritto di difendersi, e soprattutto il diritto di essere ben difesi, è argomento complesso, che emerge costantemente anche nella quotidianità dei Tribunali italiani. E’ pertanto necessario auspicare che il processo canonico abbia il suo corso nel rispetto dei diritti degli imputati, i quali hanno dimostrato un profondo e sincero rispetto del Tribunale e del processo, pur manifestando – come è giusto che sia – nella loro posizione di imputati e di giornalisti una forte critica nei confronti dell’oggetto dell’accusa.

Ma siano anche certi che Papa Francesco, che ha fatto della modernizzazione della Chiesa e del rispetto dei diritti e della dignità della persona uno dei tratti più significativi del suo pontificato, voglia tenere conto anche di questa non trascurabile declinazione dei diritti della persona. Ed è per questo che ci piace ricordare in proposito quanto affermato, nel 1983, da Papa Giovanni Paolo II nel suo discorso di presentazione del nuovo Codice di Diritto Canonico, laddove il Pontefice ritenne opportuno ricordare come solo se «animato dalla carità e ordinato alla giustizia, il diritto vive!».