E adesso? Il grande gesto di François Hollande di rinunciare alle presidenziali, senza passare per le primarie del Ps che sarebbero state una sicura umiliazione, non ha risolto i grossi problemi dell’area di sinistra.

Per il mondo politico francese nel suo insieme, una pagina è girata: Nicolas Sarkozy e Alain Juppé eliminati a destra con i due turni delle primarie, poi Hollande che si ritira, aprono sulla carta la strada a una nuova generazione. Ma la destra si è già ripiegata sulla vecchia generazione, con la scelta di François Fillon, in politica dall’inizio degli anni ’80.

A SINISTRA, TUTTO È APERTO. L’ammissione di Hollande di un «rischio» di «dispersione della sinistra, della sua esplosione», di non riuscire a «unire» non è sufficiente per far sì che il suo campo «si riprenda» e non corra verso una sconfitta annunciata. Bisognerà aspettare alcuni giorni per vederci più chiaro, almeno sui nomi, l’iscrizione alle primarie del Ps finisce il 15 dicembre (per un voto il 22 e 29 gennaio).

Ha già fatto il passo l’ex ministro Arnaud Montebourg, dovrebbero seguire Benoît Hamon, Marie-Noëlle Lienemann, Gérard Filoche, cioè tutti rappresentanti della sinistra socialista. Grande incertezza, invece, sull’altra linea del Ps, quella che grosso modo viene definita social-liberista.

Tutti gli sguardi sono ora rivolti verso Manuel Valls, che tra prese di posizione e frasi assassine, ha finito per spingere Hollande al grande rifiuto. Oggi, il primo ministro ha rinunciato ad intervenire con il discorso di chiusura a una riunione della Belle Alliance, ultimo nome trovato dalla segretaria del Ps per cercare di rilanciare il partito verso le elezioni (presidenziali e legislative).

MA NON CI SONO MOLTI DUBBI: Valls si dichiarerà candidato a giorni visto che si sente «pronto». Dovrebbe dimettersi dalla carica (c’è l’esempio negativo di Lionel Jospin nel 2002, che ha corso mantenendo il posto di primo ministro e non è arrivato al ballottaggio). Altri potrebbero mettersi nella corsa: si fanno i nomi di due ministre, Marisol Touraine e Najat Vallaud-Belkacem, considerate fedeli alla linea Hollande.

C’è chi spera nella discesa in campo dell’ex ministra Christiane Taubira, chi osserva le mosse di Ségolène Royal, mentre Martine Aubry sembra definitivamente fuori gioco. Ma la primaria del Ps resta incastrata in una situazione di minoranza nella più ampia area della sinistra. Delle voci si levano in queste ore per convincere quattro dei sei candidati già dichiarati per il primo turno delle presidenziali a partecipare alle primarie che diventerebbero quelle della sinistra: Emmanuel Macron, ex ministro dell’Economia, Jean-Luc Mélenchon per la France Insoumise (con appoggio a distanza del Pcf), il verde Yannick Jadot e la radicale di sinistra Sylvia Pinel (gli altri due candidati già in pista sono i due trotzkisti di Lo e dell’Npa, Nathalie Arthaud e Philippe Poutou). Ma Macron ha già fatto sapere da giorni che «essere moderni» – è la base del suo pensiero – «non significa cedere alle mode» (delle primarie).

MÉLENCHON NON CI PENSA nemmeno. Lo scontro alle primarie di gennaio si concentrerà quindi molto probabilmente attorno a Montebourg e Valls, tra due linee ben distinte. «Ci avviamo verso un duello tra due versioni della sinistra di governo – riassume il deputato Laurent Baumel, vicino a Montebourg – una chiaramente social-liberale, incarnata da Valls. L’altra moderna ma legata ai valori della sinistra, rappresentata da Montebourg. Il keynesismo contro la supply side economics. Questo dibattito, che investe il Partito socialista da anni deve finalmente trovare una risposta».

Resta il fatto che la moltiplicazione delle candidature a sinistra al primo turno della presidenziale, ad aprile, fa correre il rischio di un ballottaggio tra Fillon e Marine Le Pen. La decisione di Hollande è stata una sorpresa. In molti pensavano che il presidente si sarebbe ricandidato, alcuni gli avevano suggerito di saltare le primarie, per evitare un’umiliazione e una crisi con risvolti anche internazionali (che peso avrebbe avuto la Francia, con un presidente sconfitto alle primarie del suo partito?).

IL PS È STATO UNITO nelle reazioni, per una volta. Una dichiarazione «dignitosa e coraggiosa», quella di Hollande, per il ministro degli Esteri, Jean-Marc Ayrault, «decisione di un uomo di stato» per Najat Vallaud-Belkacem, «un momento di dignità, di cui la politica era diventata avara», secondo Christiane Taubira.

Valls ha espresso «rispetto e affetto». Molto duri, invece, al di fuori del Ps: «lascia il suo campo come un grande ferito politraumatizzato», liquida Yannick Jadot, mentre quello che resta del Parti de Gauche punta il dito contro la «grande regressione» rappresentata dalla presidenza Hollande. «Non si può impunemente rinunciare ai valori della sinistra e tradire gli impegni di campagna in nome del cambiamento, senza pagarne il prezzo», afferma il portavoce del Pcf, Olivier Dartigolles.