Con il rito dell’espulsione via blog della sindaca Capuozzo non si concludono i tormenti di Quarto del Movimento 5 Stelle. Nuove espulsioni si annunciano e il voltafaccia è troppo repentino per non creare imbarazzo, persino nei militanti abituati ai capricci del capo. Oltre che nei tanti rappresentanti politici locali che adesso sanno che, al bisogno, saranno abbandonati all’improvviso.
Decidendo di sacrificare in questo modo la sindaca – il post della scomunica si può leggere appena sopra quello di sostegno – Casaleggio e Grillo confermano tutti i difetti del partito proprietario. Abbracciano la parte del torto anche quando avrebbero potuto rivendicare qualche ragione.

A Quarto i 5 Stelle hanno vinto come unici rappresenti di tante battaglie civiche, sono stati loro a raccogliere la semina dei movimenti contro la discarica e per l’acqua pubblica. La nuova amministrazione aveva dato segni di una positiva discontinuità anche nella gestione dello stadio e dei piani urbanistici comunali, al contrario di quanto sostiene chi adesso esalta la gestione commissariale. Il supremo arbitro Cantone ci ha messo un attimo ad assolvere la giunta per l’appalto sulla rete fognaria.
Naturalmente la camorra non ha saltato un giro e ha fatto le sue scommesse elettorali anche a Quarto, soprattutto a Quarto. Ma di una giunta andrebbero giudicati gli atti più che le attese. Probabilmente la sindaca è colpevole di un vecchio abuso edilizio, certamente ha sbagliato nel tentare di nascondere il ricatto che stava sopportando dal suo consigliere comunale. Ma se ha subito minacce queste non dimostrano la sua collusione. Al limite il contrario.
Quelle minacce, oltretutto, Rosa Capuozzo le ha nascoste ai magistrati, non ai dirigenti del movimento. Lette le intercettazioni, l’autodifesa video dei tre tenori grillini è imbarazzante. Parte malissimo: «Le abbiamo chiesto le dimissioni anche se si è comportata bene». Continua peggio: «Credete a noi, abbiamo sbagliato a credere a lei», sembra Comma 22. Mentre è pura commedia dell’assurdo l’appello a «pubblicare tutte le conversazioni, ci aiutano a capire», visto che sono loro i conversanti. Potevano capire prima. Sacrificare la sindaca dopo averla difesa una settimana è la mossa della disperazione per salvare il salvabile. Spiegarla sventolando la bandiera della coerenza non si può.

Né si può sostenere che «840 voti (quelli del consigliere indagato ed espulso, ndr) non sono determinanti» quando nessuno di loro ha mai visto 840 voti. All’astro Di Maio è bastato un quinto di quei voti alle «parlamentarie» per decollare verso la vice presidenza della camera. Fossimo anche noi sospettosi, non potremmo escludere che in futuro qualche camorrista possa iscriversi e partecipare alle votazioni grilline in famiglia, oltretutto con minor sforzo. È probabile però che dopo Quarto con la «diversità» grillina andranno archiviate anche le «parlamentarie».

Il discorso potrebbe finire qui, non fosse che il Movimento 5 Stelle non è più l’unico partito in cui decide tutto il vertice. Il rito sacrificale della sindaca di Quarto ricorda quello del sindaco Marino da parte del Pd. Orfini, commissario romano del partito, passò in una notte dal «chi non sostiene Marino è con mafia capitale» a «non si permetta Marino di dire che chi non lo sostiene è con mafia capitale». Anche lui, come i tenori grillini, doveva giustificare le ingiustificabili decisioni del leader unico.

E così, mettendo una accanto all’altra le ultime mosse di Grillo e Renzi, si scopre un’assoluta identità di pensiero. Se la sindaca di Quarto è vittima, ma va espulsa perché sembra colpevole, il reato di immigrazione clandestina è inutile, ma è meglio non cancellarlo perché può apparire indispensabile. Le scelte solitarie e di convenienza dei capi non possono essere spiegate, chi ci prova fa compassione.

Oggi compatiamo i colonnelli a 5 stelle sguinzagliati per le tv. Ma non possiamo dimenticare i renziani che li attaccano. E che non ci hanno ancora spiegato perché Josefa Idem si doveva dimettere, e Maria Elena Boschi invece no.