Se all’epoca dello scavo della cosiddetta tomba KV62, Howard Carter avesse disposto deisocial network che sono alla moda nel nostro secolo, gli appassionati di archeologia avrebbero seguito in tempo reale le rivelazioni che – cunicolo dopo cunicolo – portarono alla mirabile scoperta del sarcofago del «re fanciullo», l’abbagliante Tutankhamon. Ma nel 1924 Carter dovette accontentarsi di annotare i rinvenimenti di quell’emozionante impresa in un diario cartaceo. In connessione istantanea con le attese dei suoi followers è invece Katerina Peristeri, direttrice dello scavo del tumulo di Amphipolis, città situata nella Macedonia centrale.
Attraverso un sito web (http://www.theamphipolistomb.com/) e una pagina Facebook, l’archeologa greca e la sua équipe di architetti, speleologi e restauratori diffondono a ritmo incalzante notizie sul work in progress delle ricerche nel luogo che decine di migliaia di persone da tutto il mondo si aspettano sia la tomba di Alessandro Magno. Da quando, lo scorso agosto, sono riprese le esplorazioni nella collina di Kasta, dove già nel 2012 era stato messo in luce un imponente tumulo di mezzo chilometro di lunghezza per centocinquantotto metri di diametro, la sovraesposizione mediatica – dovuta da una parte all’entusiasmo per l’eccezionale scoperta, dall’altra alla speranza della politica di attirare l’attenzione su un paese avvilito dalla crisi economica – ha scatenato una vera e propria Amphipolis-mania.
Gli scavi hanno svelato l’esistenza di un portale d’accesso al monumento ipogeico sormontato da due sfingi alate e da un arco in pietra; poi due pregevoli Cariatidi che proteggono l’entrata e precedono un ambiente pavimentato con un mosaico raffigurante il ratto di Persefone. Una terza stanza – anticamente chiusa da una porta girevole in marmo – è in corso d’indagine. Mentre la suspence per l’apertura della camera funeraria cresce, studiosi locali e stranieri dibattono animatamente sulla misteriosa identità del defunto: si tratta della sepoltura di Rossane e Alessandro IV, sposa e figlio del celebre condottiero macedone o di quella di sua madre Olimpiade? E ancora, il tumulo di Amphipolis contiene l’urna con le ceneri di Efestione, amico prediletto di Alessandro o è un mausoleo di età romana in onore dei caduti nella battaglia di Filippi? Pur di non rinunciare al sogno che sia proprio «il Grande» a riposare nelle viscere della terra natia, specialisti e «profani» si cimentano nelle più disparate opinioni. Nel tentativo di districarci tra speculazioni e verità storica, sul «caso Amphipolis» abbiamo intervistato Emanuele Greco, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, istituzione che segue da vicino gli sviluppi dell’archeologia greca e che ospiterà in dicembre un seminario internazionale sulle tombe macedoni.

L’Associazione degli archeologi greci ha espresso disappunto per l’eccessiva rapidità con la quale procedono le indagini ad Amphipolis….

Ho anch’io delle perplessità riguardo lo scavo del muro perimetrale. Tuttavia sono fiducioso sulla correttezza delle metodologie scientifiche applicate da Katerina Peristeri e ammiro il notevole lavoro di équipe, che consente il restauro tempestivo delle sculture ritrovate all’interno del tumulo. Ci tengo però a definirmi un archeologo «laico» e credo che la scienza debba essere messa al riparo da qualsiasi condizionamento politico ed emotivo. Nonostante la fervente curiosità suscitata da questa scoperta, ritengo sia opportuno aspettare con pazienza la conclusione delle ricerche. Solo con l’apertura della camera funeraria e l’analisi del corredo, potranno essere rivelate l’identità del defunto e la cronologia della sepoltura.

Con cadenza quasi quotidiana viene proposta una nuova ipotesi. Nessuna però seduce quanto il miraggio che il tumulo di Amphipolis sia l’agognato «sema» di Alessandro Magno.

Il mito di Alessandro attraversa tutte le epoche e la tradizione sulle peripezie legate al luogo della sua sepoltura ha generato, oltre a una fascinazione collettiva, un’ampia letteratura. Numerosi sono stati in passato i tentativi di combinare testimonianze antiche ed evidenze sul terreno. Si pensi alla «Tomba di Alabastro» ad Alessandria, che Achille Adriani s’illuse di poter identificare con il sema del celebre macedone. Gli storici, tuttavia, non menzionano mai Amphipolis mentre sappiamo da Diodoro che nel tragitto da Babilonia – dove, nel 323 a.C., il condottiero perse la vita – a Susa, Tolomeo Lago riuscì a impossessarsi del corpo del sovrano e lo trasportò ad Alessandria. Secondo altri autori, fra i quali Pausania, il corpo venne dapprima sepolto a Menfi e in seguito traslato in Egitto. La problematica interpretazione delle fonti non ha scoraggiato congetture moderne, come quella formulata dallo studioso inglese Andrew Chugg, il quale sostiene che nel IX secolo le ossa di San Marco e quelle di Alessandro Magno furono protagoniste di un clamoroso scambio. Ad ogni modo, siamo assistendo a una scoperta straordinaria. La grandiosità del tumulo – quasi il doppio del mausoleo di Augusto a Roma – il rivestimento del muro di sostegno in marmo di Thasos, la raffinatezza della tecnica isodomica – prossima al toichobates del Partenone – e l’apparato decorativo che comprende sfingi, cariatidi e un leone di cinque metri di altezza che sormontava verosimilmente il monumento, lasciano intendere che nella camera funeraria si trovi un personaggio di indubbia importanza, forse un nobile macedone.

Ci sono elementi che tendono invece verso una caratterizzazione femminile della tomba?

Come rilevato da Chugg, il mosaico della seconda stanza – prodromica al talamos – con l’illustrazione del ratto di Persefone potrebbe non essere casuale. La stessa scena si trova rappresentata nella tomba di Euridice, madre di Filippo II. In quest’ultimo caso, però, si tratta – come consuetudine nelle tombe reali di Verghina – di una pittura e ciò indurrebbe a pensare che il mosaico di Amphipolis sia la trasposizione in ciottoli di un noto cartone per dipinti.

Tra tutte le supposizioni avanzate – da ultima quella di un’eccentrica archeologa americana che sostiene possa trattarsi non della tomba ma del cenotafio di Alessandro – ne difende qualcuna?

L’idea di un cenotafio non mi convince, così come resto persuaso del fatto che Alessandro, prima della sua morte, fosse immerso a tal punto nel mondo asiatico e nei costumi orientali, da non immaginare la costruzione della sua futura tomba in terra macedone. Gli studiosi contemporanei prestano troppo spesso agli antichi i sentimenti della piccola borghesia moderna. Più che avallare delle teorie, penso di poterne escludere alcune. Trovo irricevibile l’ipotesi che il tumulo sia dedicato alla memoria dei caduti nella battaglia di Filippi. Noi archeologi con una sensibilità antropologica siamo abituati a ragionare in termini di formazione economica e sociale. La mia unica certezza è che il tumulo sia l’espressione di una società ben definita, in grado di concepire quella tipologia sepolcrale e propendo dunque per una datazione del monumento alla fine del IV secolo a.C. Una valutazione estetica sulle Cariatidi, portata come argomentazione di supporto alla connotazione romana da Olga Palagia – docente di archeologia classica all’Università di Atene – non può a mio avviso sostituire un giudizio di carattere storico.

Cosa dobbiamo aspettarci dal successo che l’archeologia greca sta registrando con lo scavo di Amphipolis?

L’appeal esercitato dalla figura di Alessandro Magno, a tutti gli effetti un brand name, provocherà l’invasione di orde di turisti in Macedonia. La conseguenza sarà uno sfruttamento selvaggio del territorio e la mercificazione della Storia. Con ciò non voglio sembrare contrario alla cultura di massa ma considero sia piuttosto quest’ultima a doversi elevare alla cultura. Archeologi e politici dovrebbero ambire a tale obiettivo, evitando strumentalizzazioni e salvaguardando il nostro comune patrimonio dalle ragioni di un becero profitto economico.