È cominciato il G7 in Giappone, un evento che vede parecchia carne al fuoco in senso diplomatico, vivendo su incroci e interessi politici che esulano dall’incontro in corso. Giappone, Usa, Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna hanno spedito i propri leader nella penisola giapponese di Ise Shima, trecento chilometri circa dalla capitale, dove il leader locale Shinzo Abe tenta di sfruttare al massimo il «fattore campo», puntando a rinsaldare l’alleanza con gli Stati uniti e tenendo ferma la presa sulla parte più tradizionalista e nazionalista del suo paese, specie in funzione anti Cina. Parallela al G7 – infatti – si gioca una partita importante in Asia, dove gli equilibri diplomatici sono stati scossi proprio da Pechino.

La leadership cinese, in un parallelo «benvenuto» in Asia ai leader mondiali, sembra infatti intenzionata a mandare i propri sommergibili con testate nucleari a pattugliare le zone del mare conteso con gran parte dei paesi del continente. Uno schiaffo, eventualmente, al Giappone ma pure a Obama che oggi sarà a Hiroshima dove non chiederà scusa, ma parlerà a favore di un mondo senza atomica.

L’Asia sembra essere il vero centro «politico» del G7, in attesa del prossimo incontro che come anticipato da Renzi si terrà probabilmente a Taormina, in Italia: Shinzo Abe ha portato i suoi compagni di meeting al santuario shintoista di Ise Jingu, uno dei più antichi e importanti per la storia del paese. A Renzi, Merkel e compagnia ha fatto zappare la terra per piantare un albero, cercando di cogliere in mondo visione tutti i vantaggi di questo luogo.

Il santuario è infatti dedicato alla dea del Sole dalla quale si dice discenda la famiglia imperiale. In questo modo il premier giapponese tenta di accreditarsi con i sentimenti tradizionalisti più profondi del Giappone: si tratta di un binomio, quello tra politica e religione, che trova parecchi membri del partito di Abe – e del parlamento – concordi e che mira a stabilire una connessione che da alcuni viene vista come «rischiosa».

Tradizione, religione e militarismo – vista la recente approvazione della legge che permette, di fatto, al Giappone di ricreare un esercito e partecipare a missioni all’estero – rischiano di creare un mix pericoloso per molti a Tokyo. Anche per questo in Oriente le mancate scuse di Obama per quanto riguarda lo sganciamento delle due atomiche sul Giappone al termine della seconda guerra mondiale, vengono lette in modo diverso rispetto a quanto accade in Occidente.

Cina, Corea e molti anche in Giappone, sono soddisfatti delle mancate scuse, poiché in questo modo si evita il rischio di trasformare gli aggressori giapponesi in vittime. E per Cina e Corea in primo luogo sarebbe un affronto non da poco. Nel frattempo Obama le sue mosse le ha già fatte; la Cina infatti risponde a due gesti recenti: l’annunciato sistema anti missile americano Thaad in Corea del Sud e la fine dell’embargo di armi al Vietnam.

L’Asia dunque – senza dimenticare la scheggia nord coreana – aumenta i rischi di incidenti e colpi di mano e la novità non è sicuramente delle migliori.

Per il resto i membri del G7 si sono dedicati anche ad altro. Sempre su temi incrociati al vero scopo dell’incontro, lo stato dell’economia globale e le paventate possibilità di ripresa, si sono giocate altre partite. Obama, ad esempio, è entrato a gamba tesa sul tema delle elezioni presidenziali negli Stati uniti, definendo Trump un «ignorante dei fatti del mondo».

Merkel ha ribadito la necessità delle sanzioni alla Russia, «non è ancora il momento di revocarle», mentre Renzi oltre a vantarsi per il ritorno del marò Girone, ha specificato che «sulla crescita e sulla politica economica e sull’economia globale c’è una grandissima sintonia con gli Usa, ma anche con altri Paesi che stanno al tavolo del G7»; nonostante si siano registrati screzi tra Giappone e Germania al precedente meeting dei responsabili finanziari del G7 secondo Renzi ci sarebbe dunque sintonia sulla «necessità fortissima di investire e di aiutare la crescita con una politica fiscale e di stimoli. Non può bastare la politica monetaria». A fare discutere, infine, il portavoce di Junker, Martin Selmayr che si è dedicato alla fantapolitica: «Nel 2017 con Trump, Le Pen, Boris Johnson e Beppe Grillo? Uno scenario da horror che mostra bene perché si debba combattere il populismo».