Si dice che abbia voluto scrivere da solo il suo discorso e probabilmente è andata così. Dopo aver giurato sulla Bibbia, al termine della consueta cerimonia di insediamento, a tratti una sfilata di moda, Donald Trump ha effettuato il suo discorso di insediamento a Washington, distillando in una decina di minuti tutto il suo pensiero. Un «gentismo» – o «populismo» – teso a parlare soprattutto al suo elettorato, a ribadire una divisione, netta e a tratti spettrale, tra l’establishment, di cui pure Trump ha fatto parte e di cui ha colorato la sua futura amministrazione, e il «popolo».

PRIMA DEL SUO DISCORSO una Washington tetra e uggiosa (è iniziato a piovigginare proprio dopo le prime parole del neo presidente) aveva assistito alla lunga cerimonia: spostamenti, attenzione ai particolari (la cravatta rossa di Donald, «la sua preferita» secondo i commentatori del Washington Post) il vestito blu di Melania, il volto equivoco (imbronciato, direbbero i maligni) di Michelle Obama, una Hillary Clinton che pareva ancora sotto shock per il risultato dello scorso novembre, un Bill Clinton inspiegabilmente allegro. Poi tutti sul palco, per ascoltare il nuove presidente.

NELLE PRIME VENTI PAROLE pronunciate da Trump, la parola «people» è risuonata almeno tre volte, per diventare poi una sorta di ritornello durante tutto il discorso. Riferimenti ai lavoratori, alle famiglie, ai confini, ai sogni: Donald ha ricordato la benedizione di dio, il destino e il sangue patriottico di ogni americano, senza distinzioni, invocando la volontà di far tornare gli Usa ai propri fasti, dopo «aver arricchito il mondo».

È SU QUESTO SENTIMENTO di rivincita sociale da parte degli sconfitti della globalizzazione che Donald Trump ha voluto segnare il punto di inizio della sua avventura presidenziale. Dopo aver ringraziato Obama, ha effettuato un discorso poco conciliante, acceso nei toni e alla ricerca della conferma del suo soggetto sociale preferito: la middle class e i lavoratori impoveriti da questo ciclo economico. Poco conta che poi i responsabili di questo fenomeno siederanno nella stanza dei bottoni: a Trump interessa proseguire il suo discorso propagandistico perché la sua presidenza sarà una campagna elettorale permanente, un continuo ripetere slogan. «Non sarete mai più ignorati la vostra voce, le vostre speranze, i vostri sogni, confluiranno nel destino americano». Così, in un passaggio del suo discorso inaugurale, Donald Trump si è rivolto direttamente a «ogni americano».

«RIAVREMO INDIETRO il nostro lavoro, i nostri confini, il nostro futuro» perché «da oggi il potere torna al popolo e ci saranno due regole da seguire: comprate americano e assumete americano». Non solo perché l’America – per quanto possa dispiacere a Donald – non è da sola, bisogna pur ammetterlo, quindi «Cercheremo l’amicizia con le altri nazioni del mondo, ma lo faremo con la convinzione che è diritto di tutte le nazioni mettere i propri interessi per primi – ha detto il nuovo presidente degli Stati uniti – Non cercheremo di imporre il nostro sistema di vita su nessuno, ma piuttosto lasceremo che brilli come un esempio da seguire per tutti».

NEL FRATTEMPO C’È L’ISIS, che in campagna elettorale Donald Trump ha considerato più volte una creatura di Obama e Hillary Clinton. Presenti i due, Donald ha glissato sulle origini del sedicente stato islamico, per concentrarsi sul da farsi: «Sconfiggere l’Isis e i gruppi di terrorismo islamico sarà la nostra priorità». Come? Semplice: «Lavoreremo con i partner internazionali per tagliare i fondi ai gruppi terroristici, e ci impegneremo in una cyberguerra per distruggere e disabilitare la propaganda, nel perseguire una politica estera basata sugli interessi americani, ricorreremo alla diplomazia. Il mondo deve sapere che non andiamo all’estero in cerca di nemici». E poi la tirata finale, come in uno show ben calibrato: «A tutti gli americani di tutte le città, da oceano a oceano: non verrete più ignorati. le vostre voci, le vostre speranze, i vostri sogni e le aspettative realizzeranno il sogno americano e ci guideranno in questo percorso. Renderemo questo paese prospero, sicuro, grande, grandioso. Dio benedica voi e gli Stati uniti d’America».