Ha un curriculum lungo 30 pagine Gian Mario Baruchello, professore di Ingegneria Ambientale e Sanitaria all’Università Roma Tre e indagato nell’inchiesta Mondo di Mezzo dalla Procura di Roma sulla Mafia capitolina. Le accuse nei suoi confronti sono di corruzione aggravata, turbativa d’asta e illecito finanziamento. In realtà dietro al suo nome si cela il grande «cartello» della lobby dell’immondizia nostrana e dei suoi compromessi con la politica, i traffici illeciti e la criminalità organizzata. In sostanza quello che la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul traffico dei rifiuti individuò già alla fine del secolo scorso come «un oligopolio tendente al monopolio» e rimasto nel frattempo invisibile per l’Antitrust.

Da quasi trenta anni Baruchello progetta impianti di smaltimento dei rifiuti in giro per l’Italia; soprattutto al centro-sud ma anche con qualche puntatina in Veneto e in Piemonte. Gli incarichi gli sono stati affidati, dietro lauto compenso, soprattutto da amministrazioni pubbliche, ma i suoi referenti finali sono l’avvocato Manlio Cerroni e la famiglia napoletano-milanese dei Colucci (proprietari dei gruppi Daneco e Aspica) dei quali è il tecnico di fiducia. Il suo ruolo «double-face» si può riscontrare proprio dalle attività della stessa Commissione Parlamentare d’inchiesta. In una relazione del marzo 2000 (Presidente Massimo Scalia) che descriveva l’intenso intreccio societario esistente all’epoca tra società che si occupavano di rifiuti, Gian Mario Baruchello appariva come uno dei personaggi chiave nei CdA delle varie «scatole cinesi» che da sempre caratterizzano il settore. Appena sette anni dopo lo stesso professore è divenuto consulente proprio di quella Commissione; ovviamente pagato con soldi pubblici. Con i suoi progetti Cerroni e i Colucci hanno realizzato proprio intorno alla Capitale un monopolio impiantistico grazie al fattivo appoggio delle amministrazioni locali. Basti pensare al Consorzio Conea (soci Cerroni, Ama e Acea) che dovrebbe realizzare un inceneritore a Cecchina, nel Comune di Albano Laziale, dove ci sono gli impianti appartenenti all’ottavo Re di Roma. A tale «cartello» infatti appartengono anche le discariche e gli impianti di selezione di Malagrotta (con relativo gassificatore), di Guidonia-Montecelio, di Borgo Montello – Latina (gestione Ecoambiente) e di Viterbo (che serve anche la Provincia di Rieti). Un cartello che vede male la chiusura di tali impianti attraverso la raccolta differenziata, che sarebbe dovuta arrivare al 65% in tutta Italia entro il 31 dicembre 2012.

La maxi multa da 42,8 milioni di euro inferta dalla Corte di Giustizia Europea al nostro paese nei giorni scorsi era stata preceduta il 15 ottobre da analoga sentenza che riguardava proprio queste discariche laziali dove non è mai mancata la firma progettuale del Prof. Ing. Gian Mario Baruchello. In tal senso il «capolavoro» è stato realizzato a Latina con il decisivo contributo iniziale del defunto Sindaco «repubblichino» Ajmone Finestra e con il perfezionamento attuato dal suo successore Vincenzo Zaccheo, il cui fratello troverà posto nei Collegi Sindacali di alcune società dei Colucci. Era il 1996 quando l’ingegnere fu nominato membro della Commissione che doveva valutare le offerte per la costituzione della Latina Ambiente SpA (51% delle azioni in mano al Comune e 49% ai privati); società della quale fu nominato poi Consigliere di Amministrazione anni dopo. L’odore di un accordo di cartello era presente già in quell’occasione. Le offerte ammesse alla fase finale della gara, oltre a quella della Manutencoop (Legacoop) eliminata per un vizio di forma, furono quelle della Slia di Manlio Cerroni e della Colucci Appalti; quest’ultima all’epoca non disponeva del certificato antimafia perché i suoi amministratori erano sotto indagine a Napoli (vicenda poi finita nel nulla).

Per quanto assurdo possa sembrare la legge prevedeva l’obbligo di tale certificato solo in caso di vittoria della relativa offerta. E così fu. Come primo atto il Consiglio di Amministrazione, dove i privati sono in maggioranza, indebitò pesantemente la società. Passò appena un anno quando le Guardie Provinciali riscontrarono che dai vecchi siti dismessi della discarica di Borgo Montello (S zero, S1, S2 e S3) c’era uno sversamento di percolato nell’adiacente fiume Astura. Dai controlli risultò che la società proprietaria dei siti era fallita e che mancava la fidejussione bancaria garante della gestione «post mortem» degli impianti. Invece di perseguire i responsabili, l’amministrazione comunale passò da una «bonifica urgente» alla realizzazione di una nuova discarica realizzata sopra a quella precedente. L’inquinamento non cessò mai. A firmare il progetto e a dirigere i relativi lavori fu Gian Mario Baruchello. Nacque così la gestione Ecoambiente Srl, controllata al 51% dalla Latina Ambiente (e quindi dal Comune) e per il 49% da Cerroni e dai Colucci, nel cui CdA (anno 2000), siederà anche l’Ing. Achille Cester. Quest’ultimo ex uomo di fiducia dell’altro «re» delle discariche italiane: il defunto Giuseppe Grossi titolare della Green Holding i cui familiari sono stati arrestati nei giorni scorsi per un’altra inchiesta svolta dalla Procura di Latina relativa a truffe realizzate a danno dei Comuni locali. E intanto il business del «cartello» continua come se nulla fosse.