Il presidente della Repubblica Mattarella ha consegnato ieri il premio Balzan 2016 al letterato Piero Boitani, al fisico Federico Capasso e al biologo tedesco Reinhard Jahn. Ciascuno di essi riceverà 750 mila franchi svizzeri, cioè circa 685mila euro. I tre laureati saranno protagonisti oggi, venerdì 18 novembre, di una conferenza interdisciplinare che si terrà all’Accademia dei Lincei, in cui verranno anche presentate le ricerche finanziate con i premi delle scorse edizioni. Ogni vincitore, infatti, si impegna a investire almeno la metà del premio in progetti di ricerca che coinvolgano giovani ricercatori.

Il Balzan è spesso soprannominato il «Nobel italo-svizzero». In effetti, vi sono parecchie somiglianze tra il riconoscimento svedese e quello derivato dall’eredità del giornalista ed editore Eugenio Balzan, che lasciò il Corriere della Sera durante il fascismo per rifugiarsi in Svizzera e morirvi nel 1953. Da quando la figlia Angela Lina decise di devolvere il lascito paterno alla fondazione del premio (prima edizione nel 1961), i due premi si sono spesso passati il testimone, segnalando a distanza di pochi anni l’uno dall’altro gli stessi ricercatori o scoperte legate fra loro.

QUEST’ANNO, ad esempio, il riconoscimento per le neuroscienze è andato a Reinhard Jahn, del Max-Planck Institut di Göttingen (Germania), che ha studiato il funzionamento delle vescicole sinaptiche, il «sistema di trasporto» con cui neuroni e altre cellule si scambiano segnali o componenti biochimici da assemblare. Molte ricerche importanti di Jahn sono state realizzate in collaborazione con Thomas C. Südhof, che ha ricevuto il premio Nobel nel 2013 insieme agli statunitensi James Rothman e Randy Shekman. Jahn, in particolare, si è concentrato sul ruolo di alcune proteine – il cosiddetto complesso «Snare» – nel meccanismo di neutrotrasmissione, azionato da variazioni dell’abbondanza di ioni di calcio nelle terminazioni nervose. È stato lui alla fine del secolo scorso a chiarire la relazione tra le proteine e il calcio, la cui funzione era nota sin dagli anni Cinquanta. Secondo la giuria che lo ha premiato, almeno due scoperte di Jahn (il complesso Snare e il proteoma vescicolare) oggi figurano nei libri di testo di neurobiologia, tanto da «aver rivoluzionato la nostra comprensione delle funzioni presinaptiche».

In altri casi, è stato il Balzan ad anticipare il Nobel. È successo con un altro biologo, il giapponese Shinya Yamanaka. Nel 2010 vinse il premio italo-svizzero per le ricerche sulla riprogrammazione delle cellule staminali. Per le stesse scoperte, fu premiato anche a Stoccolma due anni dopo.

IL BALZAN 2016 può essere dunque un buon auspicio per gli altri due ricercatori, il filologo Piero Boitani (che però fa parte di una categoria raramente premiata a Stoccolma, quella della critica letteraria) e soprattutto per il fisico Federico Capasso, l’inventore del «laser a cascata quantistica». Nato a Roma nel 1949, Capasso vive negli Stati Uniti dall’età di 27 anni. Nel 1976, infatti, iniziò a lavorare ai Laboratori Bell di Murray Hill, New Jersey. Dopo i Bell Labs, Capasso ha poi lavorato a Harvard e ha ottenuto la cittadinanza statunitense. Il centro di ricerca Bell negli anni ha ottenuto ben otto premi Nobel e realizzato scoperte e invenzioni fondamentali come i transistor, la radio-astronomia, il linguaggio di programmazione C e il laser, anche grazie a Capasso.

Con laser si intende light amplification by stimulated emission of radiation e consiste in una radiazione elettromagnetica con una lunghezza ben precisa. Dato che la lunghezza d’onda determina il colore della luce, la radiazione laser appare assolutamente monocromatica, come possiamo osservare facilmente nei puntatori laser colorati venduti per pochi euro nei negozi di ferramenta. Nei laser tradizionali la radiazione, o «fotone», è emessa allorché un elettrone salta da un livello energetico all’altro.

Il premio Balzan ha premiato la scoperta del laser a cascata quantistica che Capasso (con i collaboratori J. Faist, D. Sivco, C. Sirtori, A. Hutchinson, A. Cho) pubblicò in un articolo sulla rivista Science nel 1994. Rispetto agli altri laser prodotti con i semiconduttori, i fotoni venivano emessi in salti multipli dello stesso elettrone: come se esso «scendesse i gradini di una scalinata energetica», scriveva Capasso, generando una cascata di fotoni.

IL LASER OTTENUTO in questo modo ha una lunghezza d’onda molto grande, nel campo dell’infrarosso medio e lontano che altre tecnologie in precedenza non potevano raggiungere. Oltre a ciò, esso presenta altre caratteristiche utili. Innanzitutto, la lunghezza d’onda può essere fissata precisamente a partire dalle caratteristiche strutturali del materiale usato per l’emissione. In secondo luogo, dato che un solo elettrone può generare una cascata di fotoni, questo processo risulta molto efficiente dal punto di vista energetico.
A dimostrazione dell’importanza della scoperta di Capasso, i primi laser commerciali basati sulla cascata quantistica furono lanciati sul mercato già nel 1998, pochi anni dopo la comparsa dell’articolo su Science. Grazie alle loro caratteristiche, oggi i laser a cascata quantistica sono utilizzati soprattutto nel monitoraggio ambientale, nel telerilevamento a scopo militare e nella diagnostica sanitaria.