Il manifesto ha da sempre una comunità di lettori attivi, basti pensare, ad esempio, all’azionariato popolare degli anni ’90 e all’esperienza dei «circoli del manifesto» tentata nel passato.

Non a caso proprio sui social del quotidiano per lungo tempo ha capeggiato nell’header di Facebook e Twitter l’immagine di un pugno chiuso, blu, con lo slogan: «Social network dal 1969».

Abbiamo voluto quindi verificare le performance sui social del giornale.

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Per quanto riguarda Facebook, il manifesto è il «best performer» tra tutti i quotidiani nazionali con un «engagement rate», un tasso di coinvolgimento che, secondo l’analisi svolta, come mostra il grafico a lato, è superiore persino a quello di Fanpage, che ha una squadra di persone dedicate ai social, e di ben 5 punti percentuali al di sopra di Repubblica, testate che hanno una fanbase neppure lontanamente paragonabile, come dimensioni, a quella del «quotidiano comunista».

Anche il numero di post è sensibilmente inferiore rispetto a quanto praticato da altri newsbrand, un chiaro segnale di rispetto per le persone, indicatore di come i social, contrariamente ad altri casi, non vengano utilizzati come una «discarica di link» solo per fare traffico sul proprio sito web.

Atteggiamento simile anche nella gestione del profilo Twitter, che si discosta, sia in termini quantitativi che qualitativi, dalle pratiche più diffuse esaminate nell’articolo che abbiamo pubblicato qui.

L’indice di risposta è anche in questo caso il più elevato della categoria e il 75% di retweet sono un chiaro indicatore del livello di interazione e di coinvolgimento.

Da sottolineare, tra le buone pratiche, anche l’inserimento di news provenienti da altre fonti, un altro segnale di attenzione verso i lettori, verso le persone.

Insomma, si nota bene che il manifesto ha quasi 50 anni di esperienza nel rapporto con le proprie comunità. Un caso di cui si parla poco e che invece è da seguire con attenzione.