Alcuni mesi orsono Chiara Frugoni ha pubblicato un libro splendido (per il contenuto e per l’apparato di immagini) sugli affreschi della basilica superiore di Assisi: Quale Francesco? (Il messaggio nascosto negli affreschi della basilica superiore ad Assisi, Einaudi, pp. 608, euro 80) allude già dal titolo alla difficoltà di definire in modo univoco la figura del santo di Assisi. Canonizzato nel 1228 appena due anni dopo la morte, trasformato in reliquia, chiuso in una grande basilica, mentre il movimento che lui aveva fondato si trasformava e, ormai strumento utile per il papato, era dilaniato dalle lotte interne.
La sua biografia veniva «normalizzata» dalla Vita maior e dalla Vita minor di Bonaventura da Bagnoregio, i suoi più stretti seguaci (fra quelli che non erano stati dichiarati eretici e come tali perseguitati) erano messi a tacere o esiliati o spediti come missionari in Asia.

Quale Francesco celebrare in tale situazione? Non è un caso che la basilica di Assisi eretta in suo onore e che ne aveva accolto le spoglie rimanesse priva di affreschi per circa mezzo secolo; soltanto negli ultimi decenni del Duecento si avviarono con Cimabue e poi con Giotto i programmi iconografici che oggi ammiriamo; ma che, a loro volta, non sono di facile lettura. Fino all’arrivo di questo libro che, per primo, decodifica il programma della basilica superiore, partendo dall’ideazione, passando attraverso le diverse fasi e arrivando fino agli affreschi; non solo quelli che Giotto dedicò a illustrare la vita di Francesco, ma anche quelli degli apostoli, di Gesù, dell’Apocalisse. E ancora le vetrate, gli arredi liturgici, l’orientamento: insomma la basilica considerata come un corpo unico. Senza svelare troppo, perché il libro va letto, il «messaggio nascosto» cui allude il sottotitolo riguarda l’immagine di una fede cristiana e di una Chiesa rinnovate dall’Uomo delle Stimmate e dunque ormai pronta per i Tempi Ultimi dell’Apocalisse. Ciò che più colpisce è il modo in cui, attorno a Francesco, al suo Ordine, alla sua basilica possano ruotare e intrecciarsi temi assolutamente mondani e discorsi metastorici.

prete219
Il Prete Gianni

Il che, in un certo senso, si coglie anche in un tema maggiormente di nicchia ma molto caro agli studi a cavallo fra antropologia e storia medievale: la leggenda del cosiddetto «Prete Gianni». Il primo a parlarne dovrebbe esser stato il vescovo Ugo di Jabala; lo riferisce il cancelliere imperiale Ottone di Frisinga, testimone nel 1145 dell’incontro a Viterbo fra Ugo e Papa Eugenio III. Gianni sarebbe al contempo un re e un prete che vive al di là della Persia e dell’Armenia, nel lontano Oriente dai contorni indefiniti, e guiderebbe un popolo cristiano a capo del quale avrebbe sconfitto due sovrani chiamati «Semiardi». Questo e altri particolari della narrazione attingono ampiamente al Romanzo di Alessandro; ma ciò che interessava i prelati del XII secolo era la possibilità di stringere con lui un’alleanza antimusulmana. Poco tempo dopo, in Europa cominciarono a circolare delle epistole inviate dal Prete Gianni: la prima pervenne all’imperatore di Costantinopoli Manuele Comneno, seguita da una seconda versione indirizzata al Barbarossa. Toccò poi al papa e al re di Francia.

Molti lo avrebbero cercato: dai viaggiatori lungo la via della seta fino ai Portoghesi in Etiopia. Ma la storicità del personaggio e la provenienza di queste lettere sono state oggetto di un dibattito filologico-storiografico mai concluso. Se regna accordo nello stabilire che queste lettere sono un falso di probabile origine imperiale, in cui il rex et sacerdos Gianni contiene un’allusione alla sacralità della figura dell’imperatore, allora in polemica con le teorie teocratiche pontificie, resta da chiarire se ed eventualmente quale personaggio storico le abbia ispirate. Ed è su questo che storici e filologi si sono esercitati lungamente. Esce ora un bel libro di Marco Giardini, Figure del regno nascosto. Le leggende del Prete Gianni e delle dieci tribù perdute d’Israele fra Medioevo e prima età moderna (Olschki, pp.352 euro 38), che, al pari di Chiara Frugoni con Francesco, adotta una prospettiva nuova: quella che mostra l’intreccio tra il patrimonio leggendario inerente il Prete Gianni e quello della storia del popolo d’Israele, entrambi destinati ad alimentare l’immaginario escatologico di cristiani ed ebrei. Anche in questo caso si consiglia la lettura che segue il non facile argomentare di Giardini per comprendere il senso di queste «figure del regno nascosto», come le chiama. Entrambi i libri, in modi differenti, mostrano l’immensa ricchezza e vivacità culturale dell’epoca a cavallo fra secoli XII e XIII.