Italia uber alles. Se Matteo Renzi guarda alla Germania come modello della sua riforma del lavoro – invece che Jobs act dovremo chiamarlo Arbeit akt? – per il rilancio della disastrata politica industriale arriva in soccorso la più importante società di consulenza teutonica. Ieri al ministero dello Sviluppo economico si è tenuta la prima riunione della task force voluta dalla traballante ministra Federica Guidi per cercare di stare al passo con i programmi europei che puntano nel 2030 a un 20 % del Pil continentale che venga dalla manifattura. A presiederla gli uomini di Rolando Berger – il 77enne magnate delle consulenze economiche. Assieme a loro un bel gruppo di professori, guidati da una pattuglia di bocconiani doc: Carlo Altomonte e il giovane rampante e renziano Tommaso Nannicini. Accanto a loro siedono altri luminari della scienza economica – come Giorgio Barba Navaretti, esperto di multinazionali – o banchieri – come Fulvio Coltorti – una vita a Mediobanca da Cuccia in poi.

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La presenza più interessante è quella di Maurizio Tamagnini, amministratore delegato del Fondo strategico italiano, braccio operativo di Cassa depositi e prestiti che come core business avrebbe proprio quello di aiutare le industrie italiane a rilanciarsi. Finora però lo ha fatto ben poco.

Ma come detto, a tirare le fila, dettare l’agenda e snocciolare dati, ieri c’erano i consulenti di Rolando Berger Italia. Trincerati dietro il più stretto riserbo, dalla sede italiana – una delle più proficue fra la trentina sparse per il mondo – si fa notare il fatto di essere l’unica società presente assieme ai professori. I tedeschi si sono offerti gratuitamente: guadagneranno semplicemente dal fatto di pubblicare uno studio assieme e per conto del governo italiano.

La scopo della task force è al momento alquanto generico: redigere entro fine novembre un documento per rilanciare l’industria italiana su cui poi spetterà al governo l’ultima parola. Ma la prima riunione ha già fatto capire a cosa puntano i tedeschi. Se i sindacati – a proposito loro al tavolo non ci sono, si prevede una sola audizione più in là – denunciano da tempo il rischio di una desertificazione in settori fondamentali come la siderurgia (Lucchini, Ilva e Ast Terni stanno morendo), l’auto (con la sola Fiat che per giunta sta lasciando il paese), l’energia (Alcoa se ne va, e-On sarà la prossima), ieri si è parlato solamente di «dimensione d’impresa». Per i consulenti di Roland Berger Italia infatti il vero problema dell’industria nostrana è che abbiamo troppe aziende piccole: sotto i 50 dipendenti sono il 65% del totale in Italia, solo il 30 % in Germania). «Piccolo non è bello» perché secondo Roland Berger è proprio la loro dimensione ridotta a non farle investire in ricerca, a non aprire loro i mercati internazionali. La ricetta per il futuro suggerita dai tedeschi è quella di crescere, di diventare grandi.

Un cambiamento di mentalità, dunque. Che andrà però fatto come al solito a costo zero, perché di risorse a disposizione per il progetto – al momento – non ce ne sono.

La prossima riunione è fissata per fine mese. La speranza è che lì si inizi veramente a parlare di come rilanciare i settori storici dell’industria italiana. Sempre che tedeschi e bocconiani siano d’accordo.