Discutere e osservare le evoluzioni del cinema documentario, esplorando allo stesso tempo le metamorfosi del corpo, all’insegna della sperimentazione tematica e linguistica. Giunge così, alla sua 5° edizione, il Gender DocuFilm Fest, diretto dal nostro Giona A. Nazzaro, festival libero e indipendente all’interno del Gay Village romano del parco del Ninfeo, che dal 4 al 6 settembre proporrà una selezione di otto film provenienti da tutto il mondo, con un’attenzione speciale alla produzione italiana, leggermente trascurata nelle edizioni successive.
Il cinema del reale dunque, anche in Italia si conferma sempre più consapevole testimone dei mutamenti sociali e relazionali del Gender, un vigile ascoltatore delle necessità di rifondazione dei vecchi canoni senza mai calare l’attenzione sul corpo sociale, qui rappresentato nel pluripremiato corto Luigi e Vincenzo, lancinante e fulmineo grido di dolore contro le istituzioni ancora accecate di conformismo-ne sono interpretiFrancesco Paolantoni e Patrizio Rispo.
Corpi che sconvolgono, turbano, stregano come quello della bellissima Zenya: bionda, filiforme, tostissima ma in realtà, dietro a un’apparenza che sembra condensare i sogni di qualsiasi maschio etero, si cela un corpo in transito filmato da Madina Mustafina Janatovna. Già autrice dello sconcertante Milana, incentrato su una bambina abusata da una coppia di alcolizzati senza fissa dimora, Madina Mustafina Janatovna in Come on, scumbags, trasforma il mistero di Zenya in una folgorante poesia. E lo fa con estrema discrezione, senza calare dall’alto definizioni o idee preconcette sul corpo della sua protagonista, lasciando aperte tutte le possibilità; la sua protagonista vive e abita il film come se fosse un mondo altro, un corpo nel quale riflettere, e mettere in scena, la propria cangiante mutevolezza.
Diretto con un’energia punk davvero esemplare, Come on, scumbags è un film di un’aggressività e tenerezza intriganti in un contesto sociale complesso, e pieno di contraddizioni, nel quale riesce a creare, senza mai giungere a conclusioni forzate, una relazione tra «gli interni», ovvero un corpo che accetta la propria molteplicità, e che quindi si rivela immediatamente politico, e gli «esterni», cioè un corpo sociale, che ambisce alle semplicità della vita. Lontana dalla retorica identitaria, Madina Janatovna compone un lirico e combattivo poemetto low-fi che affronta a testa bassa ignoranze e paure attraverso un personaggio indimenticabile, sensuale e poliforme, come una delle creature partorite dai sogni di Jean Cocteau o di Werner Schroeter.
Altre crisalidi vengono osservate da Gianni Torres nel suo Unique, cinque storie di transgenderismo raccontate con l’intima consapevolezza che soltanto il dettaglio e il rispetto del primo piano possono aprire realmente il cuore degli spettatori.
Pino/Beatrice, è invece il protagonista (e «personaggio»), del documentario di Elisa Amoruso Fuoristrada. Meccanico romano, appassionato di bestioni a quattro ruote , Pino, dopo una vita di baffi a manubrio e metaforiche castrazioni, si incammina verso la transizione per poi incontrare in Marianna l’amore della sua vita. Fra figli acquisiti, shopping compulsivo madri da accudire e cani festosi; Amoruso non sceglie i percorsi tortuosi della denuncia ma prova a rivelare, con tenera normalità, le intermittenze di una vita sconfinata d’amore, e fieramente combattiva nelle difficoltà del quotidiano e della crescita. Lasciando al sogno di un rally in Australia, la possibilità di un altro pianeta, finalmente affrancato dal peso delle convenzioni.