Dopo l’appello un po’ sgarbato dell’ambasciatore americano in Italia John Phillips a votare Sì al referendum costituzionale, dalla Bulgaria Sergio Mattarella – interrogato dai cronisti al seguito – sente il dovere di ricordare che «la sovranità è demandata agli elettori», italiani s’intende. Anche se, spiega il presidente, «il mondo si è molto interconnesso quindi ogni avvenimento che avviene in un paese importante è seguito con attenzione». Una risposta molto secca che soddisfa i sostenitori del No che avevano criticato l’ingerenza americana. Più tardi, il presidente del Consiglio assicura di «condividere al 101 per cento quello che ha detto il presidente della Repubblica». Tra le due dichiarazioni, però, si infila un altro appoggio straniero al Sì e dei più pesanti. È il portavoce di Angela Merkel a dire che «il governo federale tedesco appoggia le riforme del presidente del Consiglio» e ad aggiungere che «di recente la cancelliera ha detto di appoggiare Renzi nelle sue diverse attività di politica interna». Era due settimane fa, a Maranello.

Stasera Renzi torna in Emilia Romagna, prima alla festa dell’Unità di Modena e poi a quella di Bologna per l’atteso confronto con il presidente dell’Associazione nazionale partigiani Carlo Smuraglia. Smuraglia, tra gli esponenti più in vista del No, ieri ha spiegato di non avere alcun timore per la sfida con il presidente del Consiglio (sarà moderata da Gad Lerner). Se il Pd ha convocato tutti i comitati per il Sì della regione, «in Emilia abbiamo qualche amico anche noi – spiega Smuraglia – spero che il pubblico sia educato e che ci lasci parlare». Poi il presidente dell’Anpi è tornato sulle dichiarazioni dell’ambasciatore Usa. «Si è trattato di un’interferenza impropria è inaccettabile – ha detto – se vince il No non ci sarà alcun dramma economico, gli investitori temono di più la burocrazia e la mafia, non sarà certamente il referendum a cambiare questi orientamenti». E in realtà le previsioni della banche d’affari americane sono assai divergenti. Quella di Morgan Stanley, diffusa la settimana scorsa, è di segno assai diverso da quella di Goldman Sachs resa nota pochi giorni fa. Morgan Stanley vede infatti come più probabile la vittoria del No. Se Goldman Sachs prevede la vittoria del Sì al 60% e minimizza i rischi sullo spread in caso di vittoria del No, concentrando le sue preoccupazioni sul successo della ricapitalizzazione di Mps, Daniele Antonucci, capo analista per il sud europa di Morgan Stanley, stima il Sì al 35% e giudica che «i mercati sono troppo compiacenti sul risultato del referendum e sul suo impatto». Sconsiglia di conseguenza ai suoi cliente di acquistare bond italiani.

Ieri intanto per la prima volta tutti i comitati del No si sono uniti per un appello comune. Accanto al comitato dei costituzionalisti guidato dai professori Pace e Zagrebelsky che si è formato già a febbraio, ci sono adesso tre comitati di orientamento di centrodestra – presieduti dai giuristi Annibale Marini, Luigi Mazzella e Alfonso Celotto – e il neonato comitato «del centrosinistra per il No» nato dall’iniziativa di Massimo D’Alema e presieduto da Guido Calvi. Tutti insieme hanno firmato una richiesta al governo perché stabilisca finalmente la data del referendum. Data che ufficiosamente continua a «ballare» tra l’ultima domenica di novembre e la prima di dicembre. Ieri pomeriggio, durante la riunione dei capigruppo alla camera, le minoranze si sono rivolte con la stessa domanda alla ministra per le riforme. Maria Elena Boschi ha ripetuto che il governo deciderà «entro i limiti di legge», cioè entro sessanta giorni da quando la Cassazione ha comunicato a palazzo Chigi il via libera (8 agosto). «Non bisogna perdere altro tempo – hanno scritto i presidenti dei comitati per il No – i cittadini hanno diritto di sapere quando si voterà. Il governo sta manifestando un deprecabile atteggiamento proprietario sulla data e il presidente del Consiglio cambia opinione e argomenti a secondo di quello che considera più favorevole al governo». a. fab.