Quando un festival celebra la sua 50° edizione, un motivo buono c’è sempre e può a buon diritto fare un suo bilancio dello stato dell’arte cinematografica. Non sono tanti in Europa e anche in Italia si contano sulle dita, a partire da Venezia, Taormina, il festival dei Popoli a Firenze e ora Pesaro. Con gran merito e acume intellettuale ha saputo da sempre focalizzare l’attenzione sulle produzioni e tendenze emergenti meno battute commercialmente, mantenendo alte la lettura critica e teorica nonché la curiosità per quanto di veramente nuovo si affaccia sul grande schermo. La più innovativa fra le longeve, per non smentirsi quest’anno la 50ª Mostra internazionale del Nuovo Cinema (Pesaro 23-29 giugno) diretta da Giovanni Spagnoletti mette al centro il più recente cinema d’animazione italiano a fianco della cinematografia americana sperimentale-narrativa post 11 settembre.

Con un sopralluogo su questa prima porzione di secolo filmico, si è scelto di esplorare due punti così lontani, così vicini per geografia e linguaggi visivi, mettendo nel conto l’ampia gamma di mescolamenti ed ibridazioni.

Il mouse e la matita propone una ricognizione articolata sul cinema d’animazione italiano del terzo millennio, dalle sue produzioni popolari a soprattutto le tante opere d’autore e poetiche d’avanguardia che spingono in avanti la ricerca narrativa visiva. Dal digitale all’artigianale con ritorno, dove il mouse da accessorio informatico riprende anche il suo significato originario di topo, animale storicamente simbolico nella storia dell’animazione prima realizzata a matita e a scatto singolo, poi sempre più industrializzata. Dell’animazione italiana il grande pubblico, ma anche la stampa cinematografica, sa generalmente poco, tolto qualche titolo o personaggio di successo creati da Enzo D’Alò (da La freccia azzurra al Pinocchio su disegni di Mattotti) o dalla marchigiana Rainbow di Iginio Straffi, produttore delle famigerate Winx.

Eppure l’arcipelago italiano è assai variegato e molti sono gli autori innovatori, anche artigiani, che portano la bandiera del film artefatto nei festival internazionali più prestigiosi. E’ il caso di lungometraggi quali L’arte della felicità di Alessandro Rak, rivelazione anche all’estero di forza penetrante, e di cortometraggi quali quelli che vengono presentati in anteprima assoluta, tra le quali Zerodi Igor Imhoff, Festina lente di Alberto D’Amico, CommonevoeFlussi di Virgilio Villoresi Basmati, L’esploratore di Fabio M. Iaquone, Jazz per un massacro di Leonardo Carrano, Latitude di Claudia Muratori,il nuovo episodio del cult Gino il Pollodi Andrea Zingoni che qui fà la parodia de Il Padrino di Coppola, Pene e cruditédi Mario Addis tratto da una sua serie di disegni osé a punta fine.

Di Addis in particolare si ha l’occasione di apprezzare uno stile grafico più libero che attraversa anche più di un lungometraggio di registi riproposti a Pesaro. Suoi sono gli interventi preziosi del sogno di Nina ne La Gabbianella e il gatto di D’Alò e del “vangelo apocrifo” del protagonista di Johan Padan a la descoverta de le Americhe di Giulio Cingoli (dall’opera di Dario Fo), fino ad arrivare alla nuovissima versione di Robin Hood diretto da Mario Addis su co-sceneggiatura di Luca Raffaelli. Questa rilettura dell’amato antagonista di Sherwood viene narrata da Veronica Pivetti che dà voce a tutti i personaggi del racconto, oltre a interpretare se stessa. L’impianto narrativo ci presenta infatti l’attrice a casa sua con il libro di Robin Hood ritrovato in soffitta. Mentre in cucina parte la lettura recitata, le immagini del suo racconto prendono forma: Robin che urla in faccia al tiranno il suo disprezzo, proprio durante un banchetto in onore della promessa sposa Marian, e gli toglie il pane di bocca, prima riappropriazione di una serie di trasferimenti dai ricchi e dal principe Giovanni per ridare tutto ai poveri. Tra la ricchezza e l’amore, come sappiamo, Marian sceglierà Robin e lotterà per aiutarlo.

La selezione italiana quindi fà il punto sull’animazione contemporanea con oltre cento opere proposte tra le quali risaltano i lungometraggi più recenti, nove anteprime assolute e alcuni focus dedicati a figure come Simone Massi, Julia Gromskaya, Madga Guidi, Cristina Diana Seresini, oltre ai già citati Basmati, Carrano e Imhoff, per una ricognizione a tutto tondo dello stato dell’animazione italiana più recente, in ogni sua forma e genere.

A tutto ciò si aggiunge una selezione di opere dal CSC d’Animazione di Torino e di molti altri autori italiani come Gianluigi Toccafondo e Gipi per un totale di oltre cento lavori, tra lunghi, corti, video musicali e titoli di testa da film. In questo capitolo di aggiornamento di storia contemporanea dell’animazione italiana un paragrafo particolare viene dedicato a quella fucina marchigiana (che quindi gioca in casa) di veri e propri talenti che va sotto il nome di Scuola del Libro di Urbino. Nata nel lontano 1951, quando fu istituita la sezione di Disegno animato, la Scuola ha portato alla creazione di forme espressive originali, preparando illustratori e animatori tra i più importanti oggi in Italia come, tra gli altri, Magda Guidi (anche autrice della locandina di questa edizione della Mostra), Roberto Catani, Mara Cerri, Julia Gromskaya, Simone Massi, Beatrice Pucci e Gianluigi Toccafondo.

Per festeggiare i sessant’anni della Scuola, la Mostra le dedica un omaggio, con la proiezione delle opere più belle realizzate dai suoi ormai celebri studenti. Il focus fornirà anche l’occasione per una tavola rotonda alla presenza di molti degli artisti citati, per fare il punto sullo stato dell’animazione italiana. I lavori renderanno evidente come oggigiorno l’animazione abbia la necessità di collocarsi al di fuori delle regole canoniche dei diversi generi, per proporre esplorazioni innovative delle varie forme espressive possibili. Indagare questo mondo significa entrare in contatto con la parte più innovativa, fantasiosa e libera degli artisti del nostro paese. Aspetti che vengono sottolineati nel volume monografico che prende il titolo dalla retrospettiva: Il mouse e la matita (a cura di Bruno Di Marino e Giovanni Spagnoletti) edito da Marsilio.

Uno spazio è riservato anche a un programma di carattere storico intitolato Cartoon e moschetto,a cura di Sergio Toffetti e Matteo Pavesi con la collaborazione dell’Archivio Luce, dell’Archivio Nazionale Cinema Impresa-CSC e della Cineteca Italiana di Milano. Il programma è composto da sette animazioni di propaganda di Liberio Pensuti, realizzate tra il 1935 e il 1942.

Anche l’altro cuore pulsante di questa 50ª mostra è irrorato capillarmente dall’animazione, perché non ci sono più steccati fra live action e immagine manipolata, tanto meno nel cinema indipendente e sperimentale Usa del 21° secolo. Così, fra le opere di found footage (riuso di spezzoni ritrovati) e le forme ibride di confine tra finzione e documentario, diversi sono i film che includono il disegno animato, a partire dal gotico disegnato a mano Consuming Spirits, realizzato dopo quindici anni di lavoro da Chris Sullivan, o dal delicato inno all’amoreThe Rain Coupletsdi Lewis Klahr. In questa ricognizione oltre gli schemi rigidi di genere e tecniche si ricolloca degnamente il lavoro del filmmaker italoamericano John Canemaker (John Cannizzaro Jr.), premio Oscar nel 2006 con il documentario animato The Moon And The Son, toccante ritratto autobiografico sulla problematica relazione tra il regista e il padre di origine italiana, con le voci di John Turturro ed Eli Wallach.

Del consistente gruppo di filmmaker americani presenti al festival, ci sarà anche Canemaker –non solo regista, ma in veste anche di studioso appassionato e esperto del cinema a passo uno- per presentare il suo lavoro e tenere una master class sull’animazione dal titolo The Lost Notebook: Herman Schultheis and the Secrets of Walt Disney Movie Magic.

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