Un referendum per abrogare la riforma Renzi della scuola tira l’altro. Dopo quello contro il «preside-manager» depositato da Pippo Civati, insieme ad un pacchetto di sette quesiti che riguardano gli aspetti più svariati delle politiche governative, ne arriva un altro. È stato depositato in Cassazione dal «comitato nazionale Leadership alla scuola» che vuole «abrogare in toto la riforma». Sempre ammesso che la Corte giudichi ammissibili queste proposte, i promotori dovranno raccogliere 500 mila firme rispettivamente entro il 30 e il 25 settembre.

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Giuseppe Civati, Possibile

Tutto questo accade nella settimana più calda dell’anno, dove i colpi di sole sono numerosi, dopo che il presidente della Repubblica Sergio mattarella ha firmato il testo della legge approvata in maniera definitiva dalla Camera il 9 luglio scorso. La confusione è arrivata al punto che, dopo una serie di confronti con i soggetti organizzati del movimento della scuola, Civati ha annunciato che non raccoglierà le firme sul quesito della scuola.

Un’indecisione prodotta anche da un fuoco di fila di comunicati, documenti e blog con i quali il movimento ha criticato l’ex deputato Pd alla prima prova politica da outsider. La tentazione del referendum contro la «Buona Scuola» di Renzi si è impadronita anche di Maurizio Landini che l’ha ribadita in un intervento all’assemblea nazionale della Fiom della settimana scorsa, ma con una postilla decisiva: «È importante partire dalle persone che lavorano nella scuola» ha detto.

Il movimento teme uno sfilacciamento dell’azione politica che, per la prima volta da anni, ha riunito tutti i sindacati della scuola, creando un pluralismo tra associazioni e organizzazioni studentesche. Il rischio è anche quello della proliferazione di proposte referendarie incerte nella formulazione, ingestibili per la tempistica a scuole chiuse, dannose per la ripresa di una lotta all’inizio dell’anno scolastico. Già domenica 12 luglio l’assemblea nazionale del movimento della scuola aveva preso le distanze da questo approccio (Il Manifesto, 15 luglio).

«Il referendum – conferma Bruno Moretto, esponente del movimento bolognese – deve partire dal mondo della scuola per allargarsi alla società con l’obiettivo di farne una battaglia generale, culturale e di civiltà che parli trasversalmente a tutti». La proposta è incontrarsi in un’assemblea a Bologna il prossimo 6 settembre per decidere sulle modalità del referendum. Il sindacato Gilda ha lanciato un appello per costituire un comitato promotore a settembre. «Questi referendum possono affascinare una platea frustrata dal senso della sconfitta, ma è necessario evitare iniziative velleitarie – ha scritto ieri sul suo blog su MicroMega Marina Boscaino, una delle voci del movimento – Ogni azione dovrebbe nascere da un contatto allargato con il mondo della scuola per poi collegarsi ad altre iniziative referendarie. Occorrono riflessione e ponderazione».

Il quesito referendario di Civati «rischia di depotenziare un dispositivo articolato e ricco di virtuali (per ora) ingiurie alla Costituzione – aggiunge Boscaino – Affidargli una funzione risolutiva rischia di configurare un inganno di spendibilità mediatica, ma di scarsa efficacia politica». Il referendum, dunque, potrebbe essere uno degli strumenti per attaccare la legge Renzi all’inizio dell’anno, non l’unico. «A Civati – conclude Boscaino – chiediamo di prendere davvero le distanze dalle pratiche autoreferenziali e interventiste del suo ex alleato Renzi, dimostrando concretamente che “è possibile” che un’idea democratica possa alimentare l’istruzione italiana».

Autonomia, pluralismo, collegialità. Sono i temi del movimento della scuola sui quali potrà riflettere, oggi e domani, la convention di «Possibile» a Firenze.