“Una finestra si è aperta. La bellezza è di tutti”. Da ieri questo striscione campeggia sul terrazzo di palazzo Boyl. Il complesso cinquecentesco affacciato sul lungarno è diventato la nuova sede del Municipio dei beni comuni, dopo essere stato casa, fra i tanti, dello scrittore risorgimentale Domenico Guerrazzi. Il palazzo è stato occupato dopo oltre sei anni di impalcature e lavori mai iniziati, a causa del fallimento dell’azienda che doveva farne appartamenti di lusso. “Da giugno la facciata è tornata visibile dopo anni di tubi innocenti e di suoli pubblici non pagati – riassumono gli attivisti – ma alla resa dei conti tutto è rimasto come prima. Nell’abbandono. Un altro pezzo di ‘storia dimenticata’, da quando il palazzo è entrato nel patrimonio di una spa”. Si tratta di una liberazione, così la definiscono i ragazzi e le ragazze del Municipio, ed è solo l’ultimo capitolo di un lavoro portato avanti censendo palazzi abbandonati nel cuore di Pisa. Edifici storici, molte volte di proprietà pubblica, spesso in abbandono, sullo sfondo di storie che si snodano fra fallimenti, passaggi di mano fra enti, e cessioni ai privati. Scenari come quello legato alla proprietà di palazzo Boyl, la Tognozzi spa “che è da tempo all’attenzione della magistratura fiorentina”, come viene puntualizzato da un Municipio che era sempre in cerca di una sede, dopo essere stato inesorabilmente cacciato dall’amministrazione comunale sia dal Rebeldìa che dall’ex fabbrica dismessa della multinazionale J-Color, fino al recente sgombero del Distretto 42. “Quello di palazzo Boyl non è un caso ma un metodo – chiudono gli attivisti – perché ‘Sblocca Italia’, ‘Jobs Act’, ‘piano scuola’ e ‘piano casa’ segnano una rotta chiara. Quella del profitto”.